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Controlli e investimenti per rilanciare l’Asp di Reggio. La dg Di Furia: “Nessuno stava dietro a niente, non c'erano regole”

Intervista al direttore generale dell’Azienda sanitaria Lucia Di Furia: «Abbiamo fatto tanto, ma c’è ancora molto da fare». La manager: «Prima non c’erano regole, adesso assumiamo e progettiamo il futuro»

«La parola chiave è “abbandono”. Nessuno stava dietro a niente, non c'erano regole». Non si può certo dire che la direttrice generale dell’Asp Lucia Di Furia ami i giri di parole. Le piace chiamare le cose con il loro nome, rivendicare quanto fatto durante la sua gestione, criticare anche con veemenza chi non accetta il nuovo corso o coloro i quali nel passato si sono girati spesso dall’altra parte. Incontriamo la manager della sanità in redazione per un’intervista a tutto campo e senza filtri. Lei stesso dà il titolo alla sua “relazione”: «Molto è stato fatto, ma resta tanto da fare».
Le carte con dati e conti sul tavolo, eloquio spigliato e un linguaggio del corpo dal quale traspare sicurezza. Nel confronto vengono toccati tutti i temi caldi che riguardano la gestione della sanità in questo lembo di territorio calabrese: gli ospedali, le assunzioni, le postazioni sanitarie sparse sul territorio, gli imboscati, gli investimenti già attuati e quelli che sono pronti a partire. Senza tralasciare l’aspetto della salute finanziaria e gestionale dell’Asp perché, come ripete più volte Lucia Di Furia, «senza il bilancio un'azienda non esiste».
Si parte dall’inizio, dal primo approccio della manager marchigiana che esordisce come commissaria dell’Asp di Reggio Calabria. «Non ci sono parole – esordisce - Dire che sono rimasta basita è dire poco. Una delle prime cose che ho fatto è andare a visitare un po' gli ospedali e il primo impatto è stato il “famoso” pronto soccorso di Polistena: c'erano i buchi per terra, una situazione terribile. Lo dico con tanto rispetto, perché ero dispiaciuta non solo di come fossero costretti a lavorare i professionisti, ma anche di come venivano accolti i pazienti. E poi fili scoperti, sembrava un campo minato».
E questo è stato solo l’inizio: «Non è che il resto io lo abbia trovato in migliori condizioni, a parte qualche piccola realtà più curata. La sensazione che avuto all’inizio è di un generale stato di abbandono delle strutture e delle tecnologie. Nessuno stava dietro a niente, anche da un punto di vista amministrativo non c'erano regole».
E per iniziare ad attuarle, l’Asp ha dovuto dotarsi di un gruppo dirigenziale adatto allo scopo: «Abbiamo inserito 17 dirigenti amministrativi in questa azienda per lavorare alla circolarizzazione (quantificazione del debito ndr) – dichiara - inserendo dei professionisti qualificati e siamo riusciti pian piano a risalire la china su questi debiti e contiamo alla fine dell'anno 2024 di arrivare a una cifra che comincia a diventare minimale».
Da anni infuriano le polemiche sui territori per il ridotto numero di medici e paramedici: nascono comitati spontanei per il diritto alla salute, i sindaci sono spesso sulle barricate e anche negli ospedali c’è chi si lamenta spesso.
«Io intanto le dico che quest'azienda – afferma la Di Furia - nel giro di un paio d'anni non solo ha garantito il turnover, ma ha aumentato le posizioni dei sanitari. All'ospedale di Polistena, per esempio, sono stati fatti i concorsi per 203 persone, 108 sono quelli usciti, quindi abbiamo garantito il turnover. Il bilancio è di 95 sanitari in più, senza contare i medici cubani. Non mi pare proprio niente. Ma lo sforzo complessivo nei presidi sanitari del territorio è stato di oltre mille professionalità, quindi garantendo il turnover e migliorando di circa 377 unità. In un'azienda in cui non si assumeva nessuno, se noi non avessimo dato corso all'inserimento di queste nuove figure, gli ospedali li avremmo chiusi. Capisco tutto, ma se si parte da sotto zero è chiaro che i miracoli non li fa nessuno. È chiaro che ancora non basta: non basta nei termini infrastrutturali, non basta nelle tecnologie, non basta nel personale. Non è che ci siamo fermati perché abbiamo raggiunto l'obiettivo. Il mio obiettivo è risanare l'azienda sotto tutti i punti di vista, partendo dalla sua credibilità amministrativa e contabile, che non è uno scherzo».
Il direttore generale non accetta le critiche sulla gestione del personale e sulle nuove assunzioni. «Quando mi vengono assegnati i professionisti cubani, adesso ci sarà una nuova infornata, mi vengono assegnati dalla Regione con quelle caratteristiche. Non posso mettere, faccio un esempio, un gastroenterologo in più a Polistena se a Locri non ne ho neanche uno. Quindi non si può offendere Polistena, perché in quell’ospedale ho fatto anche il concorso e c’è la gastroenterologa. Lo metto a Locri dove non abbiamo quella figura. L’ultima polemica è sull'anestesista rianimatore, ma da dove lo prendo se non ce l’abbiamo?».

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