Reggio

Giovedì 19 Settembre 2024

Erosione e troppi spazi chiusi: a Reggio è ora di ritrovare il mare "negato"

Riconquistare l’affaccio a mare e il rapporto con lo Stretto: i piani dell’amministrazione comunale, ormai da tempo, sono chiari. Più facile a dirsi, però, che a farsi: se il “disegno” complessivo c’è nelle intenzioni, stenta – per mille ragioni – a concretizzarsi. Waterfront, Museo del Mare, Parco Lineare Sud, lungomare di Gallico-Catona sono tutti tasselli dello stesso mosaico, che passa anche dalla riconquista di accessi alla spiaggia negati, bonifica di luoghi degradati o peggio occupati abusivamente, eliminazione degli scarichi che ammorbano le acque. Tutto da un punto di osservazione ribaltato: la sottrazione, finora quantomeno tollerata, di un bene pubblico. I riflettori sulla questione, certamente complessa, vengono riaccesi dalla Variante generale al Piano comunale di spiaggia, che proprio in questi giorni è stata definitivamente approvata (e pubblicata) con determinazione del dirigente del settore Pianificazione della Città metropolitana, che conclude l’iter passato anche dal Consiglio comunale e dalle osservazioni di singoli cittadini, comitati ed associazioni. La relazione generale affronta una serie di questioni legate al rapporto col mare: iniziamo il nostro “viaggio” a tappe dal capitolo dedicato a “erosione e sottrazione”. Il mare avanza Il monitoraggio sul fenomeno dell’erosione negli ultimi 60 anni “racconta” da un lato l’avanzamento, «seppur lieve», della costa emersa come in località Bolano a Catona ed in parte a Gallico, dall’altro «il venir meno di una rilevante superficie di spiaggia», soprattutto in località Punta Pellaro e Bocale, dando conto di un processo pressoché costante di erosione. «Nonostante in passato siano stati realizzati numerosi tratti di opere di difesa – si legge nel documento – molte parti del litorale di Reggio Calabria risultano in evidente arretramento anche perché la logica che ha guidato gli interventi non ha seguito una pianificazione a scala ampia, tenendo conto dell’equilibrio dell’unità fisiografica interessata, ma si è proceduto “caso per caso”, a volte con tipologie di intervento evidentemente poco idonee, risolvendo la singola emergenza ma spostando di volta in volta il problema più in là». Complessivamente, ad oggi, circa il 20% del fronte mare (7.880 metri lineari), risulta occupato da opere di difesa: si tratta di strutture di difesa longitudinali aderenti, longitudinali distaccate o trasversali alla linea di riva. «In sintesi può dirsi che alle cause naturali, maree, correnti, riduzione dell’apporto dei sedimenti da parte dei fiumi, si somma la discutibile efficacia degli interventi fino ad oggi effettuati che in alcuni casi hanno in parte arginato il problema con un conseguente ripascimento, in altri casi meno, tanto da avere come conseguenza la quasi totale estinzione della spiaggia, come nel caso di Bocale, dove anche gli ultimi eventi meteorici hanno contribuito al peggioramento della situazione». Lo “scippo” Senza entrare troppo nel merito delle cause, il dato “politico” - rimarcato nella relazione - è la progressiva diminuzione di un “bene pubblico”, segnatamente la spiaggia, «non solo a seguito di fenomeni naturali dovuti all’attività del mare ma anche a seguito di fenomeni antropici di sottrazione o comunque di occupazione più o meno appropriata (inappropriata) di parte dell’arenile».

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