Il pithos ritrovato a Polistena nel 2020, in pieno lockdown, grazie al senso di responsabilità di un privato cittadino, il prof. Aldo Nasso, che resosi conto dell’importanza della scoperta effettuata nel suo terreno agricolo ha subito chiamato la Soprintendenza ai beni culturali, risale a circa 3500 anni fa (1400-1300 a.C.).
Una scoperta dalla grande valenza storica, culturale ed artistica, che è stata al centro del seminario svoltosi nel salone delle feste del Palazzo municipale sul tema “Il Pithos di Polistena, una storia da raccontare”. Un lavoro di squadra che ha per protagonisti la Soprintendenza ai beni culturali, il gruppo archeologico “Altano” di Polistena, il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, lo scopritore del pithos Aldo Nasso e l’amministrazione comunale.
Salvatore Fida, presidente del gruppo archeologico “Altano”, con non poca emozione ha ricordato la settimana di scavi, in emergenza, sotto una pioggia battente, sotto la supervisione della Soprintendenza, per raccogliere i tantissimi frammenti, un recupero «difficile» ma ricco di passione per portare alla luce un pezzo di storia della città.
Aldo Nasso ha raccontato le circostanze che nel marzo 2020, mentre era intento a lavorare nel suo appezzamento di terreno, lo portarono a scoprire e togliere numerose pietre, e ad intuire che lì sotto c’era qualcosa di importante.
Andrea Maria Gennaro, funzionario archeologo della Sovrintendenza ai beni culturali, nel relazionare sul “Pithos di Polistena dalla scoperta alla musealizzazione”, parlando di scoperta fortuita, ha sottolineato che tutto quello che è stato scoperto nel terreno del prof. Nasso fa pensare ad una natura funeraria del reperto.
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