Una divergenza familiare, progressivamente degenerata in uno scontro a più fasi ma sempre dai toni furibondi e culminata in una sorta di scontro violento e drammatico con l'uccisione di Nino Morelli, il giovane che sarebbe stato ammazzato dal cognato, Saverio Bevilacqua, nel pomeriggio dell’11 maggio 2023 davanti le palazzine dei rioni Marconi e Cusmano. A descrivere scenari e contesti familiari è stata ieri in Corte d'Assise (presidente Natina Pratticò, a latere giudice Pina Porchi) la sorella della vittima e compagna del presunto assassino, costituitasi parte civile. Sollecitata dal Pubblico ministero, il procuratore aggiunto Stefano Musolino, e dal collegio di difesa ha ricordato l'antefatto dell'epilogo mortale: le violenze tra le mura domestiche che avrebbe subito, anche nell'immediata precedenza rispetto alla sparatoria mortale, dal marito e la presa di posizione dei fratelli che sarebbero scesi in campo per “vendicare” la vittima di soprusi, botte e violenze. In Assise ieri è ha inoltre testimoniato uno dei principali investigatori della Squadra Mobile intervenuti sulla “scena del crimine” nella immediatezza della sparatoria, agli Ospedali Riuniti dove Nino Morelli ferito gravemente è stato trasportato nel disperato tentativo di salvargli la vita e dove si è verificato un violento parapiglia tra gli stessi familiari della comunità nomade che non si davano pace della drammatica conclusione della divergenza coniugale. Investigatori della Squadra Mobile che hanno anche ripercorso alcune delle fasi nevralgiche dell'indagine che ha portato all'identificazione del presunto autore dell'omicidio e di chi l'avrebbe accompagnato, guidando l'autovettura, prima di entrare in azione con idee e progetti bellicosi. Gli inquirenti hanno confermato come dalle immagini della videosorveglianza sarebbe stato visto il presunto assassino, armato, mentre era in zona dell'agguato. Immagini che però non hanno ripreso le fasi cruciali della sparatoria mortale.