A distanza di 20 anni dal tentato omicidio di Nicola Alfano, avvenuto il 26 novembre 2004 a Monasterace, si è concluso giovedì sera il secondo grado di giudizio, al termine del quale la Corte d’appello di Reggio Calabria (presidente Pietro Scuteri, consiglieri Laura Palermo e Cristiana De Pasquale), ha parzialmente accolto il ricorso dei difensori dei tre imputati e, previa esclusione dell’aggravante della premeditazione, ha rideterminato la pena complessiva per Denis Alfarano e Damiano Leotta in 12 anni di reclusione ciascuno e per Mauro Papandrea a 10 anni. All’esito del primo grado di giudizio il Tribunale di Locri, con sentenza del 21 ottobre 2014, aveva condannato Denis Alfarano a 19 anni, Damiano Leotta a 18 anni e Mauro Papandrea a 14 anni, in continuazione con la sentenza emessa dal gup distrettuale nel 6 novembre 2006 per il tentato omicidio nei confronti di Massimo Trimboli, un ispettore di Polizia in servizio presso il Commissariato di Siderno. A seguito della decisione la Corte si è riservata 90 giorni per il deposito delle motivazioni ma, escludendo la premeditazione e rideterminando la pena nei minimi, la condanna è risultata totalmente espiata dagli imputati perché in continuazione con l’altra sentenza.
Come si ricorderà il tentato omicidio di Nicola Alfano, giovane cuoco di origine napoletana che all’epoca dei fatti aveva 21 anni, è stato attenzionato a livello nazionale. Da un lato la trasmissione di Raitre “Chi l’ha visto?” ha posto l’attenzione sulla scomparsa del monasteracese Alfano avvenuta nel dicembre del 2004, della quale al momento non si hanno notizie.
Si era interessato del caso del tentato omicidio del 21enne un altro programma televisivo “Le Iene”, che aveva trasmesso l’audio originale dell’azione delittuosa.
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