«Nonostante il suo improvviso decesso, per tutelarne la memoria e arrivare a un’assoluzione che accerti la verità a carico del mio ormai ex assistito, chiedo ai giudici della Corte d’Assise, su espressa richiesta che mi è stata anche fatta dai familiari dell’ex imputato, di poter arrivare lo stesso alla sentenza finale senza uscire fuori dal processo». Nel corso dell’ultima udienza del 2024 (il processo riprenderà a gennaio p.v.) è stata questa la singolare richiesta che l’avv. Maria Criaco ha avanzato ai giudici dell’Assise di Como dopo l’annuncio dell’improvviso decesso del suo assistito, Giuseppe Morabito, 80 anni, originario di Africo ma residente ormai da decenni in Lombardia, in provincia di Varese. Morabito, classe 1944, stroncato da un infarto circa dieci giorni prima dell’ultima udienza, era uno dei quattro imputati - tutti, anche se residenti al Nord Italia, di origine calabrese (tre della Locride) - in uno dei processi, partito nell’autunno scorso dopo ben 50 anni di distanza da una tragica vicenda: la morte di Cristina Mazzotti, prima donna ad essere rapita al Nord dall’Anonima sequestri calabrese. Il sequestro di persona della diciottenne studentessa (morta nel giro di un mese durante la prigionia a Castelletto Ticino a causa della quantità di sedativi che le vennero somministrati) si verificò in Lombardia la sera dell’1 luglio 1975 ad Eupilio in provincia di Como, dove la giovane, in compagnia di amici, stava rientrando nella villa di famiglia.