Se per gli inquirenti sarebbero stati privilegi e concessioni illecite, per i detenuti normali scambi relazionali conseguenza del rango criminale e della provenienza geografica. Inevitabilmente al carcere “San Pietro” una voce forte era quella dei detenuti di Reggio-città e della roccaforte della ’ndrangheta Archi. A ripercorrere gli scenari all’interno del “San Pietro” sarà il collaboratore di giustizia Mario Gennaro atteso all'Aula bunker nel processo all'ex direttrice Maria Carmela Longo, ad un medico dello stesso istituto penitenziario e a una detenuta che avrebbe beneficiato di un certificato medico per sottrarsi ad una testimonianza logisticamente scomoda in Tribunale. Temi che il collaboratore di giustizia Mario Gennaro, l’ex boss delle scommesse sportive on line e rampollo della cosca Tegano, ha già anticipato nei verbali resi ai magistrati del pool antimafia.
Tra le dichiarazioni di Mario Gennaro anche i compiti da “comunicatore” di un infermiere: «Ero in cella, otto e mezza di sera più o meno, e arriva un infermiere, allora nel carcere di Reggio a differenza di tutti le altri carceri gli infermieri girano da soli, senza guardia, senza assistente, mentre in tutte le altre carceri l'infermiere gira con la guardia a fianco perchè deve guardare... questo arriva un infermiere, “Gennaro” mi chiama, io mi avvicino, io non avevo terapia, non avevo niente prende e mi consegna questo che io oggi le do, lo mettete agli atti, mi consegna questa bustina con … proprio esattamente così come lo vede. Con dentro questa collana. Con una Madonnina. Sì una cosa benedetta sarà, bah! E mi dice questo qua: “Te lo manda... ti salta e ti vuole bene”. Poi fa: “C'è ...pure qua?”... “A te ti manda i saluti e ha detto di stare bene” e se ne va. Allora io, a parte che inizio a sfottermi a... “Ah, hai visto a mia mi mannau sti... a tia nenti no... sono raccomandato io”, però?».
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