Reggio

Venerdì 14 Marzo 2025

Altro che rivolta, la tendopoli di San Ferdinando è un limbo

Probabilmente, non ha vissuto gli anni della vera tensione alla tendopoli di San Ferdinando chi nei giorni scorsi, in concomitanza con l’anniversario della rivolta dei migranti a Rosarno, ha richiamato un clima di agitazione e nervosismo tra gli ospiti dell’insediamento che, nei fatti, però non esiste. Sono infatti lontani i tempi in cui, per entrare e documentare le condizioni di vita dei braccianti africani bisognava essere scortati dalle forze dell’ordine rischiando comunque di essere oggetto di sassaiole o di trovarsi davanti gruppi di “marcantoni” armati fino ai denti di ferraglia e bastoni o quando alcune zone della bidonville, come quelle abitate ad esempio dalla comunità maliana, erano praticamente interdette ai visitatori esterni. Persiste piuttosto, in una dimensione fortemente ridimensionata per numero di presenze, una realtà di gravissimo degrado tangibile percorrendo i viottoli sterrati di un sito divenuto nuovamente una vera e propria baraccopoli, in cui ormai sono più le case di fortuna, fatte di teli di nylon e di legno, che non le tende del Ministero. Ma quello che più colpisce, rispetto agli anni di fuoco di quest’annosa vergogna, è l’aria di rassegnazione surreale che si respira in mezzo alle cataste di rifiuti, ai residui di fuochi accesi, agli avanzi di cibo, alle capre e alle pecore sgozzate e poi scuoiate; alle galline e ai gatti che saltellano tra le centinaia di biciclette accatastate. Ciò che più tocca il cuore sono i volti atterriti, dimessi e incerti di tanti giovanissimi, poco più che ventenni, che “abitano” – se così si può dire – quell’inferno sulla terra. E i loro occhi spenti.

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