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’Ndrangheta e appalti in Piemonte. Gli indagati dell’inchiesta “Echidma”

L’indagine della Dda di Torino su un capillare sistema di infiltrazione dei clan della Locride. Trentacinque persone, con a capo il presunto boss Giuseppe Pasqua

Appalti truccati, minacce, corruzione elettorale, politica e anche ‘ndrangheta ad alto livello nell’hinterland di Torino. È il quadro a tinte fosche che i magistrati della Dda di Torino hanno delineato chiudendo le loro articolate indagini su una rete criminale che, secondo l’accusa sarebbe riuscita a realizzare intrecci tra criminalità organizzata e politica nella gestione di affari e cantieri.
L’articolata e complessa indagine, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Torino e coordinata dai magistrati antimafia del capoluogo piemontese, sfociata alcuni mesi fa nell’operazione anticrimine chiamata “Echidma” con 35 avvisi di garanzia, avrebbe individuato in Giuseppe Pasqua il capo della presunta associazione mafiosa attiva a Brandizzo e Torino.

Classe 1943, nato a Mammola ed emigrato in Piemonte tantissimi anni fa, Pasqua sarebbe riuscito, sottolineano i magistrati antimafia torinesi, a ritagliarsi una «porzione di rispetto», potendo contare sull’appoggio e sull’aiuto di alcune “famiglie” della ‘ndrangheta di San Luca radicate nel Nord Italia e quindi anche in Piemonte, dove comunque continuano ad operare e a tenere sotto controllo il territorio altri potenti e ramificati clan calabresi originari di Platì e Gioiosa Jonica.
Pasqua, insieme ai suoi familiari e collaboratori, è accusato di aver imposto il dominio del clan su settori chiave dell’economia locale come il trasporto e movimento terra. La sua organizzazione, nella quale figurano anche il figlio, Domenico Claudio Pasqua, 54 anni, e un nipote, avrebbe sovrafatturato appalti e minacciato, a volte in modo pesantissimo, imprenditori, per garantire introiti illeciti, spesso con la complicità di dirigenti aziendali. Minacce che non si sarebbero limitate alle imprese, ma si sarebbero estese anche ai loro collaboratori e fornitori. Le società vicine al clan avrebbero imposto condizioni capestro e chi non le accettava sarebbe stato intimidito con chiamate minatorie e visite non gradite. Il clima di paura creato da Pasqua e i loro affiliati, quindi, secondo la Dda di Torino, si sarebbe tradotto in un controllo capillare del territorio e nell’imposizione del silenzio.

Tra le 35 persone indagate, tra cui importanti dirigenti e imprenditori di grosse aziende piemontesi e nazionali nel campo dei lavori pubblici, che hanno ricevuto la notifica della chiusura delle indagini, la figura pubblica più in vista è quella di Salvatore Gallo. Politico del Pd, presidente dell’associazione “IdeaTO” e uomo di relazioni importanti, è accusato di corruzione elettorale, concussione, finanziamento illecito e tentata estorsione.

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