Il collaboratore di giustizia Mario Gennaro, un passato da rampollo della cosca Tegano e, per sua stessa ammissione proprio in avvio di udienza di ieri, un intenso feeling con alcuni vertici della cosca Condello seppure inevitabilmente nella fase immediatamente successiva la “pax” che ha messo fine alla seconda guerra di mafia a Reggio, racconta ben poco della vita “allegra” in carcere vissuta – almeno secondo la tesi accusatoria – negli anni in cui alla direzione c'era la dottoressa Maria Carmela Longo. Gli argomenti ribaditi davanti al Tribunale, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Stefano Musolino e del Pubblico ministero Margherita Saccà, sono racchiusi nel mesetto di agosto 2015 che ha trascorso nell'istituto “Panzera” quando già maturava l'idea di dare un taglio ai suoi legami con la 'ndrangheta. Seppure protagonista di un cambio cella di gruppo – che rientra nelle normali prassi di gestione di qualsiasi istituto penitenziario facilmente desumibile se la richiesta viene comunicata con una domandina scritta – allungando la lista dei sette-otto detenuti di area “Teganiana”; della consegna di una catenina-collanina religiosa dalle mani di un infermiere con annesso un messaggio suggestivo da parte di uno dei capi di Archi - «Ti saluta e ti ricorda che ti vuole bene» - innescando nell'ex boss delle scommesse sportive on line un sentimento di preoccupazione che ribadisce in dibattimento: «Questo fu un fatto che mi fece pensare: se quello portava tranquillamente un bigliettino o mandava un'ambasciata... chiunque avrebbe potuto farlo e fare anche altro»; e la sensazione che albergava nelle menti dei detenuti di Reggio-città di «trovarsi come a casa» seppure reclusi nel carcere di via San Pietro, nel quartiere Sbarre. L'aspetto da sottolineare emerge da una risposta dello stesso Mario Gennaro. In controesame all'avvocato Giacomo Iaria, il difensore dell'ex direttrice delle carceri cittadine, Maria Carmela Longo, chiarisce che «era sempre un agente, un ispettore, forse il comandante stesso» a chiedere se qualsiasi detenuto avesse desiderio di un cambio cella all'interno e di poter condividere l'alloggio con persone di precedente conoscenza. Altra risposta chiarificatrice del collaboratore di giustizia: «Se conosco la dottoressa Longo? Mai conosciuta, mai incontrato, mai parlato».
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