Avrebbe usato, in alcuni casi, “metodi mafiosi” l’imprenditore piemontese, di Rivoli, Francesco Ferrara, 48 anni, quando gestiva i suoi affari. E con accuse come “armi detenute illegalmente”, “frequentazioni con appartenenti alla ‘ndrangheta”, “sequestri e minacce” ai danni di persone che rivendicavano provvigioni o stipendi dovuti da una delle sue società, si è chiusa l’inchiesta nei confronti del cosiddetto “Re dei mercatini” e di altri nove indagati, elencati nell’avviso di fine indagini notificato in questi giorni dalla Procura di Torino. L’imprenditore torinese, unitamente alle altre nove persone iscritte nel registro degli indagati, ora rischia il rinvio a giudizio, Ferrara – come pure gli altri 9 indagati – potrà intanto chiedere di essere interrogato dall’autorità giudiziaria torinese. La delicata vicenda è scoppiata a giugno scorso quando Francesco Ferrara, a seguito di una specifica ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip del Tribunale di Torino, Giorgia De Palma, fu arrestato con un blitz della Sisco, la sezione investigativa della direzione anticrimine della Questura. L’indagine coordinata con estrema caparbietà dal pm torinese Manuela Pedrotta, portò alla luce, secondo l’accusa, intrecci con altri bandi pubblici del Comune nel campo della promozione turistica e del food. Ferrara, stando a quanto emerso dalle indagini e poi evidenziato dai magistrati torinesi della Procura, avrebbe intimorito le vittime che vantavano crediti minacciandole addirittura con la pistola, e pare potesse contare sulla collaborazione di personaggi di spicco della ‘ndrangheta operanti a Torino e nell’hinterland del capoluogo piemontese. In un paio di occasioni Ferrara e alcuni complici avrebbero anche, sempre secondo l’accusa, sequestrato le “vittime” dentro una pizzeria chiusa o negli uffici di un’azienda. Ferrara secondo i magistrati torinesi avrebbe avuto in particolare un contatto con una “famiglia” ‘ndrangheta trapiantata in Piemonte e, inoltre, e diverse frequentazioni con noti esponenti di primo piano del crimine organizzato calabrese originari della Vallata dello Stilaro, nell’alta Locride.