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Maysoon Majidi e il processo a Crotone: "Io accusata di scafismo, ma sono solo una rifugiata"

Il racconto: "La parte più dura del processo è stata l'umiliazione: in aula sentivo parole che erano come coltelli infilati nel cuore. Menzogne terribili"

«Sono felice. Mentre ascoltavo la sentenza mi sono emozionata. Non c'era niente di vero nelle accuse. Io non ero una scafista né ho aiutato mai gli scafisti. Potevano tenermi in carcere anche dieci anni, sarei uscita e avrei detto le stesse parole». Così al Corriere della Sera Maysoon Majidi, iraniana di origini curde, sbarcata in Calabria e accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dal processo è stata assolta per non aver commesso il fatto.

«Siamo arrivati a un contatto per la traversata in barca e il primo agosto 2023 io e mio fratello Razhan siamo partiti per Istanbul, ma ci siamo accorti che ci avevano truffato - racconta oggi - E così abbiamo dovuto pagare due volte, nel telefonino ho tutti i messaggi disperati per chiedere soldi e riuscire a partire dopo aver scoperto della truffa. Ma quei messaggi il pubblico ministero non li ha considerati».

«Un’accusa per me incredibile - spiega - I primi tempi ero molto arrabbiata, mi sentivo male, avevo attacchi di panico. Aspettavo, aspettavo, aspettavo ogni giorno per difendermi ma sembrava che nessuno volesse sentire quello che avevo da dire. Sono stata sette mesi nel carcere di Castrovillari e altri tre a Reggio Calabria. Poi finalmente hanno capito». Dicevano che lei aiutava il capitano, che distribuiva acqua agli altri migranti: «Lo giuro: se avessi avuto acqua o cibo da distribuire lo avrei fatto perché su quella barca, che era meno di 10 metri, eravamo in 77 e fra noi c'erano 25 bambini. Per cinque giorni su quella barca io, come tanti altri, ho vomitato e non ho mangiato niente». La parte più dura del processo è stata «l'umiliazione: in aula sentivo parole che erano come coltelli infilati nel cuore. Menzogne terribili. Ma io e mio fratello siamo rifugiati politici. Cercavamo solo un Paese sicuro».

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