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L’ufficialità da parte delle autorità giudiziarie competenti e da parte degli investigatori dei carabinieri ancora non, c’è visto che nessun atto formale – o risultato “scientifico” – è stato notificato ai legali (si tratta degli avvocati Antonio Russo e Piermassimo Marrapodi) delle famiglie Strangio e Scalia di San Luca. Al momento si tratta solo di indiscrezioni ma sembra che i resti ossei di natura umana trovati carbonizzati circa tre mesi fa all’interno di un fuoristrada completamente distrutto da un incendio di notevoli proporzioni, appartengano al sanluchese Antonio Strangio, 42 anni, imprenditore agricolo e allevatore del quale si erano completamente perse le tracce a metà novembre scorso.
Se a breve, com’è ipotizzabile, dall’esito degli esami e, soprattutto, della comparazione del Dna (mancano però ancora gli esiti della Tac sulle ossa) da parte degli esperti carabinieri del Ris di Messina arriveranno conferme ufficiali da parte delle autorità giudiziarie competenti, sulla vicenda calerà uno scenario diverso: non più un caso di “lupara bianca” bensì un omicidio a tutti gli effetti.
Un delitto, se ci sarà la conferma e viste le terribili modalità con le quali è stato compiuto, simbolicamente molto pesante nell’ambito dei codici della criminalità organizzata del comprensorio. Un omicidio che potrebbe mettere a serio rischio i già poco stabili e sfilacciati equilibri in tutta l’area sud del comprensorio locrideo.
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