Reggio

Venerdì 14 Marzo 2025

Blocco del gate portuale di Gioia Tauro, la testimonianza in aula del dirigente di Ps Trotta nel processo agli attivisti di “Campagne in lotta”

Canotta nera, occhiali da sole scuri fascianti e tanta rabbia. Veronica Padoan, figlia del ministro dell'Economia, da qualche tempo paladina dei braccianti-schiavi del ghetto di Rignano, ha atteso pazientemente davanti alla prefettura di Foggia l'arrivo del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, impegnato per un vertice sul caporalato. Con un megafono ha denunciato la piaga degli schivi delle campagne e, assieme ad una quindicina di migranti, ha esposto un lenzuolo con una scritta rossa e nera: "Sul nostro lavoro decidiamo noi. We need yes".ANSA/FRANCO CAUTILLO

La mattina del 6 dicembre 2019 un gruppo di attivisti italiani insieme a un centinaio di migranti africani bloccarono per quattro ore il gate del porto di Gioia Tauro. Si trattava dell’ultima manifestazione che il movimento “Campagne in lotta” aveva compiuto nella Piana di Gioia Tauro. Nei due anni precedenti, infatti, gli attivisti capitanati da Veronica Padoan, figlia dell’allora ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, avevano eseguito una serie di manifestazione non autorizzate, tra le quali quelle del 18 agosto 2017, quando si erano presentati alla baraccopoli di San Ferdinando cercando di convincere i migranti a non ascoltare le richieste della prefettura che aveva allestito una nuova tendopoli a poche centinaia di metri dal ghetto in cui vivevano e che subito dopo fu demolito. Per il blocco al terminal sono stati denunciati Michele Bonavita, Silvia Trotta, Sara Curci, Irene Peano, Dario Landi e Lorenza Risi. Ognuno di loro sta affrontando separatamente il processo al tribunale di Palmi. E due giorni fa è stato chiamato a testimoniare, così come nei procedimenti “gemelli”, il primo dirigente della Polizia di Stato Diego Trotta, all’epoca dei fatti dirigente del commissariato di Gioia Tauro. Dalle evidenze investigative emerse tra il 2017 ed il 2019, descritte da Trotta nel corso dell’udienza, emergerebbe che gli imputati, nelle loro trasferte nella Piana avrebbero incoraggiato i migranti che vivevano nella tendopoli e negli insediamenti spontanei di Contrada Russo di Taurianova e Contrada Testa dell’Acqua di Rosarno, alla “lotta” contro le istituzioni, al fine di opporsi all’attuale disciplina concernente il rinnovo e il rilascio dei permessi di soggiorno, e di ottenere “documenti per tutti”, istigando le migliaia di migranti al tumulto e creando, in questo modo, tensioni in grado di minare seriamente l’ordine e la sicurezza pubblica.

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