
«Mi chiamo Marjan Jamali, ho 29 anni, ho lasciato l’Iran per cercare un posto sicuro per crescere mio figlio. Mio marito era violento e mi perseguitava. Il viaggio dalla Turchia è costato 13 mila euro e lo ha pagato mio padre. Non sono una capitana. Fossi stata una scafista sarei fuggita, una volta giunta in Italia». Sono queste le risposte di Marjan Jamali nel corso dell’esame reso ieri pomeriggio davanti al Tribunale di Locri, nel processo in cui è imputata insieme a Babai Amir per aver avuto un ruolo nell’arrivo in Italia di 102 migranti, giunti nel porto di Roccella Jonica il 23 ottobre 2023.
Marjan Jamali su domande del proprio difensore, l’avvocato Giancarlo Liberati, ha risposto in lingua italiana, ripercorrendo dettagliatamente il viaggio che l’ha portata, insieme al figlio minorenne, da Teheran a Istanbul, e poi attraverso la “rotta turca” fino all’Italia. Un viaggio costellato di pericoli, durante il quale ha attirato l’attenzione morbosa di un trafficante turco di esseri umani, che le ha rivolto profferte sessuali, sempre respinte.
L'articolo completo è disponibile sull'edizione cartacea e digitale

Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.

Caricamento commenti
Commenta la notizia