Reggio

Sabato 19 Aprile 2025

Chi era Nino Scopelliti, il magistrato reggino che chiese la conferma degli ergastoli dei boss Calò e Cercola

L'omicidio Scopelliti

Una carriera brillante, interrotta dai sicari a 56 anni. Procuratore generale presso la Corte d’appello, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Magistrato inquirente di vari maxi processi di mafia e di terrorismo. Antonino Scopelliti era questo e molto altro. Ora, 34 anni dopo, la polizia sta passando a setaccio con nuove rilevazioni balistiche attraverso una ricostruzione della scena criminis che in Italia non ha precedenti tutti gli elementi certi di un agguato che il 9 agosto 1991 sorprese il magistrato a bordo della sua auto, una Bmw 318i, rimasta nella disponibilità dei familiari, in viaggio di ritorno dal mare nella frazione Ferrito di Villa San Giovanni a Piale di Campo Calabro. Scopelliti aveva rappresentato la pubblica accusa nel primo processo Moro, in quello scaturito dal sequestro dell’Achille Lauro, nel giudizio per la strage di piazza Fontana e per la strage del Rapido 904. Per quest’ultimo processo, Scopelliti chiese la conferma degli ergastoli inferti al boss di Cosa Nostra Pippo Calò e a Guido Cercola, nonché l’annullamento delle assoluzioni di secondo grado per altri mafiosi. Il collegio giudicante della prima sezione penale della Cassazione, presieduto da Corrado Carnevale, rigettò la richiesta della pubblica accusa, assolvendo Calò e rinviando tutto a nuovo giudizio. L’agguato avvenne all’altezza di una curva, poco prima del rettilineo che immette nell’abitato di Piale, una frazione di Villa San Giovanni. Gli assassini, almeno due persone a bordo di una moto, appostati lungo la strada, spararono con fucili calibro 12 di fabbricazione spagnola caricato a pallettoni, centrandolo alla testa con due colpi esplosi in rapida successione. L’automobile, priva di controllo, finì in un terrapieno. Responsabilità e movente del delitto sono ancora con più ombre che luci. Le forze dell’ordine intervennero per quello che si riteneva un incidente stradale, ma l’esame esterno del cadavere e la scoperta delle ferite da arma da fuoco fecero emergere la verità. Scopelliti, quando fu ucciso, stava lavorando al rigetto dei ricorsi per Cassazione avanzati dalle difese di pericolosi esponenti mafiosi condannati nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra. L’ipotesi investigativa tuttora prevalente è che per eliminarlo si sancì un patto tra 'ndrangheta e Cosa Nostra, dopo diversi tentativi di corruzione.

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