Reggio

Giovedì 19 Giugno 2025

'Ndrangheta nelle curve, il silenzio di “Bellebuono” e gli strani incroci con i Mancuso

Per comprendere il ruolo di Daniel D’Alessandro, detto “Bellebuono”, nei delitti che ruotano attorno al business delle curve milanesi, più che concentrarsi sul soprannome – una chiara citazione da “Gomorra” – e sui tatuaggi evocativi, è forse utile analizzare alcuni fatti che emergono dai filoni investigativi seguiti dalla Dda lombarda sul tifo organizzato. A cominciare da quello più recente, ovvero la scelta di D’Alessandro, accusato di essere uno dei due killer del capo ultrà Vittorio Boiocchi, di non rispondere alle domande del gip dopo essere stato arrestato e consegnato dalla Bulgaria in esecuzione di un mandato europeo. Nato a Monza ma con origini calabresi, D’Alessandro è cugino e factotum di un altro componente del “direttorio” della curva Nord finito nell’inchiesta, Marco Ferdico, anche lui brianzolo con legami a Soriano Calabro, crocevia importante per l’ingresso del rampollo Antonio Bellocco negli affari milanesi. “Bellebuono” ha legittimamente scelto il silenzio e, attraverso il suo avvocato, ha specificato di non aver mai reso dichiarazioni sui fatti e continua «a seguire questa linea». La precisazione è significativa anche perché D’Alessandro, che era nella cerchia di Bellocco, secondo quanto rivelato dall’ex capo ultrà pentito Andrea Beretta, a un certo punto avrebbe deciso di spifferare a quest’ultimo che i suoi soci nel business delle curve avevano deciso di fargli «la festa». A ciò sarebbe seguito l’omicidio del rampollo del clan di Rosarno avvenuto, per mano dello stesso Beretta, davanti a una palestra a Cernusco sul Naviglio il 4 settembre del 2024. L'articolo completo è disponibile sull'edizione cartacea e digitale

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