Reggio

Venerdì 20 Giugno 2025

Cosche Pesce e Bellocco di Rosarno, in Cassazione 19 condanne definitive I NOMI

Il processo Handover si chiude con la conferma di quasi tutte le condanne e dell’impianto accusatorio portato in aula dalla procura antimafia di Reggio Calabria. Alla sbarra davanti alla Corte di Cassazione, prime linee e affiliati alla cosca Pesce di Rosarno coinvolti nel procedimento eseguito nel 2021 da polizia, carabinieri e guardia di finanza. Dei 23 imputati condannati dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, 21 sono ricorsi in Cassazione. Gli ermellini hanno rigettato o ritenuto inammissibili 19 ricorsi e hanno annullato con rinvio per due imputati. Per Antonio Alessi (avvocato Michele Novella) e Giovan Battista Cacciola (avvocati Mario Santambrogio e Carmelo Naso) servirà un nuovo processo d’appello per rideterminare la pena. Per il resto è stata confermata in pieno la sentenza dei giudici reggini.

Le condanne

Diventano, quindi, definitive le condanna per Rocco Pesce a 20 anni di reclusione, Pasquale Loiacono 8 anni, Savino Pesce 10 anni e quattro mesi, Vincenzo Pesce (63) 16 anni, Antonino Pesce (classe ‘92) 20 anni, Antonino Pesce (classe ‘91) 20 anni, Domenico Bellocco (classe ’80) 6 anni e otto mesi, Giuseppe Carmine Cannatà 9 anni e quattro mesi, Francesco Benito Palaia 4 anni e cinque mesi, Cristian Pagano 9 anni e quattro mesi, Domenico Preiti 2 anni, Rocco Bellocco 6 anni e otto mesi, Gioacchino Bonarrigo 9 anni e otto mesi, Giovanni Grasso 10 anni e otto mesi, Salvatore Consiglio 6 anni e otto mesi, Giuseppe Antonio Ferraro, 10 anni, Salvatore Ferraro 4 anni e cinque mesi, Antonio Corrao 1 anno e otto mesi, Giuseppe Cacciola 11 anni e quattro mesi. Le accuse mosse dalla Procura antimafia di Reggio Calabria sono, a vario titolo, associazione mafiosa e traffico di droga. Ma non solo: nell'inchiesta “Handover-Pecunia olet” (due parallele indagini del pool antimafia) condotta in sinergia da polizia, carabinieri e guardia di finanza si contestano anche l'aggiudicazione degli appalti nel porto di Gioia Tauro, l'imposizione del pizzo sulle compravendite di terreni, le infiltrazioni nella grande distribuzione alimentare. Nelle indagini, portate a termine nell’aprile 2021, si ipotizza il controllo del potente clan rosarnese non solo sul traffico di stupefacenti ed estorsioni, ma anche quello delle commesse di lavori gestite dall’Autorità portuale di Gioia Tauro riguardanti opere interne all’area portuale, sia sul fronte economico e imprenditoriale. Secondo l’accusa, i Pesce avrebbero avuto una anche una sorta di gestione monopolistica del settore della grande distribuzione alimentare e della gestione delle attività economiche collegate alla grande distribuzione, attraverso presunti accordi collusivi con un gruppo imprenditoriale. L’inchiesta Handover rappresenta la prosecuzione dell’operazione “Recherche” nell’ambito della quale, il 4 aprile 2017 vennero eseguite numerose misure cautelari nei confronti di esponenti della potente cosca Pesce di Rosarno per associazione mafiosa e associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

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