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Reggio, documenti falsi per ottenere la pensione d'invalidità: concluse le indagini preliminari per 51 persone

L'inchiesta della Guardia di finanza è stata avviata in seguito a una denuncia

Il Comando Provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria ha notificato la conclusione delle indagini preliminari a 51 persone, indagate a vario titolo per falso ideologico e materiale e per l’utilizzo di documentazione artefatta nell’ambito di perizie medico-legali.

L’operazione è il risultato di un’articolata inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal dottor Giuseppe Lombardo, che ha portato alla luce condotte finalizzate a ottenere, in modo fraudolento, pensioni e assegni di invalidità civile. Secondo quanto emerso, gli indagati avrebbero presentato documenti falsi presso il Tribunale - Sezione Lavoro di Reggio Calabria, inducendo in errore i periti giudiziari incaricati delle valutazioni cliniche.

L’indagine ha preso avvio da una denuncia sporta da un consulente tecnico nominato dal Tribunale, che aveva riscontrato l’inattendibilità di alcune certificazioni mediche, apparentemente rilasciate da strutture sanitarie pubbliche. I successivi accertamenti investigativi, condotti dal Gruppo della Guardia di finanza di Reggio Calabria, hanno portato a perquisizioni domiciliari e al sequestro di ampia documentazione, tra cui certificati sanitari falsificati, istanze presentate all’INPS e copie di documenti di riconoscimento.

Durante le perquisizioni sono state acquisite ulteriori prove: documenti provenienti da strutture sanitarie, alcune ubicate anche fuori provincia, e informazioni ottenute tramite escussioni testimoniali di medici che hanno formalmente disconosciuto la paternità delle certificazioni rinvenute.

Secondo le ricostruzioni investigative, diversi soggetti – inizialmente esclusi dal riconoscimento dell’invalidità da parte dell’INPS – avrebbero promosso ricorsi civili corredati da documentazione falsa, ottenendo il riconoscimento di invalidità e il conseguente accesso a benefici economici.

La frode sarebbe stata orchestrata da due principali promotrici – madre e figlia – già sottoposte agli arresti domiciliari nel maggio 2022 per reati analoghi e per il rischio di reiterazione e inquinamento probatorio. Le due donne avrebbero operato con il supporto di un dipendente infedele dell’INPS, che, grazie ad accessi abusivi alle banche dati dell’ente, avrebbe fornito informazioni riservate sulle posizioni previdenziali di soggetti poi risultati beneficiari illegittimi di sussidi.

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