
A Gioia Tauro l’estate non è solo mare e cicale. È paura, esasperazione, e un odore che si insinua nei polmoni e non ti lascia dormire. È l’estate dell’attesa soffocata, del caldo che non concede tregua e del fumo che cala come un sipario tossico sulla città. Ogni notte, puntuale come un rituale maledetto, l’aria del capoluogo pianigiano si trasforma in veleno. Martedì, mercoledì, giovedì. Le sere si ripetono con inquietante regolarità. L’orologio segna il tramonto e qualcosa - o qualcuno - dà fuoco a rifiuti, plastica, copertoni. Dove accada con esattezza nessuno lo sa, e forse qualcuno non lo vuole sapere. Ma una cosa è certa: l’aria diventa irrespirabile. Dalla Ciambra - quartiere degradato e dimenticato, dove la marginalità si è fatta sistema - fino al ponte sul Petrace e alle campagne di località Pontevecchio, la notte si riempie di un odore acre, denso, che costringe i cittadini a barricarsi in casa. Porte chiuse, finestre sprangate, condizionatori accesi per chi può permetterseli.
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