
Un «trattamento privilegiato» riservato ai pazienti di più lungo corso e considerati meno «scostumati», con certificati di malattia falsi rilasciati dopo semplici scambi di messaggi su WhatsApp e consegnati in strada, a orari concordati.
È uno dei particolari emersi dall’inchiesta della Guardia di Finanza sul presunto sistema collaudato di false certificazioni mediche che nei giorni scorsi all’emissione di un’ordinanza da parte del Gip di Locri nei confronti di ben 144 indagati, tra cui tre medici di base, due dei quali, S.N.G. (62 anni) e I.I. (67 anni), entrambi con studio a Bovalino, sono stati mandati agli arresti domiciliari. Per una terza dottoressa, S.A. (72 anni), la richiesta di misura cautelare è stata respinta.
Coordinata dal procuratore Giuseppe Casciaro, l’indagine, scaturita da una denuncia ai Carabinieri, ha svelato una gestione definita dal Gip «spregiudicata», con una pianificazione minuziosa per evitare che i finti malati si presentassero tutti negli stessi giorni. Le diagnosi e i periodi di malattia venivano concordati in base alle esigenze personali – dalla gestione della casa all’accudimento dei nipoti – e non allo stato di salute reale.
I medici, secondo gli inquirenti, chiedevano ai pazienti di collaborare ricordando il numero di giorni di malattia già fruiti e quelli ancora indennizzabili dall’INPS, replicando schemi degli anni precedenti.
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