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Estorsioni, la regola di Piromalli: paga solo chi non è di Gioia Tauro

A differenza di imprenditori e commercianti provenienti da fuori, ai “locali” non era richiesto il pizzo per lavorare, ma di mettersi a totale disposizione del boss per ogni richiesta o servizio

Il “biglietto da visita” e il “lasciapassare”. Così il boss Pino Piromalli avrebbe diviso la gestione delle estorsioni sul suo territorio. Un metodo tutto personale, che prevedeva una sorta di trattamento di favore per i gioiesi rispetto agli operatori economici che provenivano da altre città e decidevano di aprire un'attività commerciale a Gioia Tauro. I primi infatti, secondo quanto si apprende dall'ordinanza di custodia cautelare “Res-Tauro”, che ha riportato in carcere l'anziano boss dopo soli 4 anni dalla sua scarcerazione, «erano esenti dal dazio estorsivo "fisso", dovendo esclusivamente mettersi a disposizione per qualunque richiesta o necessità rappresentata dal boss anche tramite i suoi delegati; i secondi, invece, costituivano la vera fonte di reddito della cosca essendo obbligati al pagamento del periodico rateo estorsivo».
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