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Al Bano: «Questo è Sud
il mio mondo»

di Tonio Licordari

REGGIO CALABRIA

Quando passa il treno – è un classico di Catonateatro – Al Bano si ferma, poi sorride: «Forse è Romina che arriva con po’ di ritardo». La platea dell’arena Alberto Neri esplode in un applauso fragoroso, il primo di una lunga serie. «Ti vogliamo con Romina», urlano in tanti dal pubblico. Al termine del suo supershow – due ore e passa di racconti e canzoni – gli chiedo come va con la sua ex. I fan li vogliono insieme. Lui non esita a rispondere: «Intanto si è creato un rapporto di grande rispetto. Sicuramente sul piano artistico ci saranno altri momenti insieme». Non si può sapere quando.

Al Bano, uomo legato alla terra (non caso si presenta in jeans e con la classica paglietta dei contadini), per questa estate naviga a vista. Catona rappresenta il suo debutto stagionale. Sceglie soltanto appuntamenti di qualità. Per partecipare a Catonateatro non ha vuto dubbi: «È uno dei festival estivi più seguiti in Italia, aprire l’edizione del trentennale – sottolinea – è sempre un onore. La Calabria è Sud, il mio mondo. Noi siamo certamente più poveri ma dove batte il sole batte pure l’allegria. E vi pare poco!».

L’Arena rimessa a nuovo è stracolma, tantissimi anche i giovani. Non c’è Romina ma Al Bano la “rimpiazza” con tre voci femminili, tre vocalist che non la fanno certamente rimpiangere. Una band ridotta all’essenziale: la chitarra, il basso, la batteria e il pianoforte al quale spopola il noto maestro e compositore Alterisio Paoletti, ormai fedele compagno di viaggio di Al Bano. Sullo sfondo uno schermo sul quale scorrono immagini della vita dell’artista e della storia del mondo che arricchiscono, con la suggestione delle luci e degli effetti speciali, l’esibizione poderosa di Al Bano.

Una voce superba

Al Bano non possiede solo una superba voce italiana, capace di catturare le note più alte, ma è diventato un ottimo comunicatore. I suoi racconti legati alle canzoni e ai fatti della vita penetrano direttamente dentro l’anima del pubblico che si lascia emozionare e coinvolgere. Al Bano sollecita spesso i cori spontanei, soprattutto nei brani più famosi come “Sharazan”, “Ci sarà”, “La felicità”, “Pensando a te”. La standing ovation arriva quando “cesella” “L’Ave Maria” di Gounod.

Il concerto di Al Bano attraversa tutti i momenti artististici e di costume degli ultimi 50 anni. Dà qualche rasoiata politica, in chiave meridionale e in difesa della libertà. Si esalta quando ricorda il suo incontro a Corinto con Theodorakis, allora agli arresti domiciliari per ragioni politiche (era la Grecia dei colonnelli), che gli ha regalato la musica di uno dei pezzi più prestigiosi, “Il ragazzo che sorride”. E prima di eseguire un altro brano impegnato, “Libertà”, racconta l’esibizione fatta a Berlino nel 750.mo anniversario della fondazione, quando ancora c’era il muro.

«Eravamo – ricorda – un gruppo di artisti. Prima abbiamo cantato a Berlino Ovest, in un clima di festa. Qualche ora dopo abbiamo attraversato il muro, controllati dalla testa ai piedi e ci siamo esibiti tra visi tristi: c’era un’aria da funerale».

Non sono mancati gli omaggi a due grandi: a Mimmo Modugno, suo maestro e punto di riferimento, al quale ha dedicato l’intramontrabile “Volare”, e ad Adriano Celentano («Sono stato per due anni, i primi due anni milanesi, nel suo Clan, la mia prima casa discografica, senza che lui se ne fosse nemmeno accorto»), proponendo “Azzurro”, il famoso brano di Paolo Conte. Nella parte finale del concerto, proprio quando le sue “tonsille d’acciaio” sono riscaldate al punto giusto, si è avventurato in brani di musica classica, scomodando Tchaikovsky, Bach, Verdi, del quale ha intonato “Va pensiero”. Un’ovazione! Non poteva mancare l’incursione nella canzone napoletana: ha entusiasmato con “Funiculì-Funiculà”, ma soprattutto è stato capace di inventarsi un duetto virtuale con Enrico Caruso su “O sole mio”. E poi ancora “Nel sole”, “Amanda”, “Che angelo sei”, “Tu per sempre”.

Il tempo tiranno vola e sale forte la “Nostalgia canaglia” quando il pubblico capisce che ormai il concerto sta per finire. In tanti lasciano le poltrone e si riversano attorno al palcoscenico. Al Bano ritorna in pista, si spengono le luci e ricomicia il canto. Con il pubblico ripropone le sue canzoni più popolari e chiude con “Nessun dorma” di Puccini, ripetendo con voce possente «all’alba vincerò». Ma per pubblico di Catonatetro Al Bano aveva vinto prima, in una notte davvero magica per Lillo Chilà e la sua Polis Cultura.

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