Cinque disegni e una scultura per ricordarci che oltre ai Bronzi c’è di più. Il MAaRC si apre all’arte contemporanea per raccontare una pagina della città altrettanto importante dell’epoca d’oro greco-romana seppure meno appariscente. Reggio Calabria ha dato i natali a Umberto Boccioni, il maggiore esponente del futurismo italiano. Ma non finisce qui. Reggio e la Calabria furono protagoniste del movimento culturale che segnò l’inizio del ‘900. In una città baraccata e colma di macerie, correva l’anno 1909, Filippo Tommaso Marinetti organizzava le “serate futuriste”, mentre sempre a Reggio, ma nel 1926, si svolgeva la “IV biennale d’Arte e industria”. Cento anni fa i problemi non mancavano ed erano se possibile ben più pressanti di quelli di oggi: la popolazione viveva in prefabbricati di legno e c’erano ruderi e cumuli di macerie ovunque. Nonostante ciò si alimentavano con originalità percorsi culturali che guardavano al bello e all’arte forse proprio in reazione alla precarietà del vivere quotidiano. Per recuperare la memoria di questo legame fra la città e il movimento di avanguardia espresso da geniali pionieri di respiro internazionale la piazza Paolo Orsi del Museo ospiterà fino all’8 marzo “Umberto Boccioni. Un percorso”. La mostra è curata da Marisa Cagliostro, già docente di Storia dell’Architettura presso l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e componente del Comitato Scientifico del MArRC, e Antonella Cucciniello, direttrice del Polo Museale della Calabria. Si tratta di cinque opere grafiche appartenenti originariamente alla Collezione privata Winston Malbin e poi pervenute alla Collezione Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, attualmente in deposito presso la Galleria Nazionale di Palazzo Arnone, a Cosenza. Come spiega la professoressa Cagliostro, che tenacemente per mesi ha perseguito l’idea della mostra a Reggio, «le opere costituiscono un piccolo, ma fondamentale Corpus, fino ad oggi inedito dal punto di vista critico ed espositivo, che consente una più ampia visione del percorso grafico dell’artista nel primo decennio del Novecento». Assieme a queste, l’esposizione comprende la scultura in bronzo “Sviluppo di una bottiglia nello spazio”, (post 1913). Conferma la direttrice Cucciniello, impegnata a valorizzare «lo straordinario ma ancora poco conosciuto patrimonio culturale nella regione». Per la funzionaria «la collezione delle opere presentate rappresenta un unicum nella produzione grafica di Boccioni, indispensabile per comprendere la fase giovanile dell’artista». Due opere sono considerate infatti “prefuturiste” e rappresentano i ritratti di una vicina di casa di Boccioni a Milano, la signora Maria Sacchi. Gli altri tre invece sono pienamente futuristi. Due costituiscono i bozzetti preparatori del grande dipinto “La città sale” realizzato tra il 1910 e il 1911e oggi conservato al Museum of Modern Art di New York. Il terzo disegno futurista è lo studio preparatorio per “La risata”, uno dei quadri più noti di Boccioni, anch’esso custodito al MoMA di New York. Completa l’esposizione una delle poche sculture boccioniane sopravvissute alla “furia iconoclasta” dell’artista Piero da Verona che nel 1927 distrusse a martellate i gessi e le sculture polimateriche che gli erano stati affidati dalla famiglia dopo la morte dell’artista reggino. I cocci dell’opera furono recuperati da Marco Bisi, parente di Boccioni, nella discarica in cui erano stati gettati a Milano e ricomposti sulla base di alcune fotografie. Furono in tempi successivi realizzate alcune fusioni in bronzo che si trovano in Musei e collezioni private in Italia e all’estero. Il direttore del Museo Carmelo Malacrino, pur sottolineando il fatto che il MAaRc resta un museo archeologico, in occasione dell’inaugurazione del percorso ha evidenziato: «Le contaminazioni sono importanti, in particolare nel momento in cui l’arte contemporanea è così collegata alla storia della città», e ha poi manifestato la gratitudine degli organizzatori verso l’architetto Bilotti «che con grande generosità si è reso disponibile a questo prestito». Ha sottolineato infine l’assessore Irene Calabrò: «La città deve riappropriarsi di questo importante passaggio storico con le altre tracce presenti sul territorio, dalla biblioteca comunale, alla pinacoteca civica; in piazza Duomo, nel luogo dove era la casa natale dell’Artista dove sarà restaurata la lapide commemorativa lì collocata negli anni’60 e nella sede del palazzo della cultura P.Crupi della città metropolitana per un percorso identitario che la lega saldamente a circuiti artistici internazionali».