Emozionante è già di per sé rivedere l'auditorium, intitolato ad “Angelo Frammartino”, in plenum. La riapertura, occasione la proiezione del film di Michelangelo Frammartino, non è solo una vera e propria celebrazione de “Il buco”, premio speciale della Giuria alla 78ª Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ma una festa dell’intera comunità che sente il regista appartenergli e, d’altro canto, anche lui non manca di sottolineare l’intenso legame che lo stringe a Caulonia.
L’atmosfera è speciale, così come lo stesso regista ha modo di precisare, dal fatto di trovarsi nella «casa di Angelo, Angelo carissimo», cugino più giovane, accoltellato nel 2006 a Gerusalemme, mentre era impegnato come volontario in una missione di pace a Gerusalemme. Dichiara di sentirsi emozionato e visibilmente lo è. Prima della proiezione, racconta, a volte lasciandosi scappare espressioni dialettali, del suo viaggio con i genitori da piccolo per arrivare a Caulonia, «superata la torre Saracena, che allora si vedeva, sentivo il cuore che saltava, che esplodeva e non capivo perché: ero troppo piccolo. Era un’emozione allora e lo è fortissima stasera. Non so come devo dirlo... si può stare lì, cioè si può nascere a Milano e stare a Milano perché ci siete voi qua – confida –. Lo dico sinceramente: perché siete qua e c’è questo legame».
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