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Il memoir di Nicola Longo. Lì sull’Aspromonte dove iniziò il viaggio del “Serpico italiano”

Avvincenti racconti di vita, dai luoghi d’infanzia al lavoro d’investigatore

Oltre alla siepe si arriva alla valle: una lunga distesa tinta dal lilla dei cardi e dal rosso dei papaveri». Proprio da qui, in questo punto preciso della Calabria, inizia il viaggio di Nicola Longo, un super poliziotto che nel suo «Macaone» (Rubbettino), romanzo autobiografico e memoir, con una metamorfosi dopo l’altra inchioda il lettore a racconti avvincenti. Sono storie di vita che trasudano passione portandosi dentro la malinconia dei luoghi dell’infanzia dove le farfalle si danno appuntamento ai piedi dell’ Aspromonte, per sollevarsi, tutte insieme nello stesso istante, quasi a voler ricamare con un unico battito d’ali la libertà.

Fin dalle prime pagine ci toglie il fiato questo «eroe buono che cavalca il pericolo con serena quotidianità». Già da ragazzo si sente bruciare per la sete di giustizia al punto di sfidare la morte e l’autorità paterna pur di non darsi per vinto di fronte ai bulli di paese che non gli perdonano le sue origini. Figlio di un padre severo, sottufficiale dei carabinieri, da lui impara con l’esempio il confine tra la legge e la giustizia, l’integrità e l’umanità. Sfumature decise che danno un carattere inconfondibile al protagonista di «Macaone».

Le avventure che l’autore – oggi a Polistena per la presentazione del libro – racconta hanno la sfrontatezza della verità e il lettore ne diventa testimone involontario mentre i fatti narrati si susseguono per le strade di una Roma crepuscolare nei cui vicoli si annida la fragilità di un’ umanità svaccata che spreca l’opportunità di esistere consumando droghe e crimini.

Entrato nella polizia a solo diciassette anni grazie alla sua passione per la boxe, Nicola si distingue ben presto per il suo talento investigativo. Assegnato alla sezione Narcotici lavora sotto copertura come hippy in piazza di Spagna o barone siciliano al Piper club, affinando la capacità di mimetizzarsi in contesti e ambienti differenti tanto da arrivare a essere richiesto dal capo della Dea e dalla Criminalpol.

Per chi lo conosce attraverso questi racconti, nel puzzle delle investigazioni è di sicuro l’intuizione brillante a guidarlo alla risoluzione delle indagini, come avviene per altri commissari del genere poliziesco alcuni dei quali si sono ispirati proprio alla sua figura, compresi quelli interpretati da Tomas Milian. Ma ciò che fa la differenza è la prepotenza della verità che irrompe nelle descrizioni vivide dei personaggi incontrati come l’amico Skizzo, l’informatore con cui condivide un legame profondo: la stessa amara appartenenza alla terra e alle farfalle.

Nelle tante situazioni narrate, a dispetto di tutte le trasformazioni, Nicola conserva un’ unicità avvincente. È la voce dell’uomo che si spoglia del suo personaggio a fare vibrare le corde dell’emozione tenendo il lettore incollato allo scritto, un’avventura dopo l’altra fino all’arresto di Jack Masia, il boss corso- marsigliese che per anni ha dominato su scala mondiale il traffico dell’eroina.

È già una sceneggiatura pronta per diventare un film o una serie televisiva la vita di questo poliziotto soprannominato lo “007” e il “Serpico” italiano, finita tante volte sui giornali. Non stupisce che l’amico Tonino Guerra lo abbia spronato a scrivere le sue gigantesche avventure amando di Nicola «la forza limpida e il coraggio chiaro», né che “La valle delle farfalle”, originario titolo del manoscritto, figuri tra i «Sogni non realizzati» di Federico Fellini, il regista che ne avrebbe voluto fare farne un’ opera cinematografica. Bisogna rischiare più del dovuto per scrivere la verità come fosse un romanzo, ci voleva il coraggio di un poliziotto che continua a mostrarsi abile nelle sue metamorfosi trasformando la penna in un’ arma capace di salvare.

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