E la Soprintendenza ha chiarito: il presunto “occhio” di uno dei Bronzi di Riace, così come ipotizzato nel corso di una conferenza stampa a Riace? È un’attribuzione, seppure ipotetica, per il momento del tutto «impropria e prematura». La Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Reggio Calabria e Vibo Valentia, a proposito dei reperti trovati in mare da Giuseppe Braghò nella zona di Riace lo scorso 1. agosto – per uno dei quali si era ipotizzato, in una conferenza stampa tenutasi nei giorni scorsi a Riace, che si trattasse dell’occhio di una statua, e che potesse essere riferibile a uno dei Bronzi – chiarisce in una nota che suo compito è «in costante collaborazione con i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza e del Nucleo Subacquei di Messina, riscontrare ognuna delle segnalazioni pervenute e agire di conseguenza con le attività di tutela e conservazione più idonee per la salvaguardia di contesti e reperti di interesse archeologico». I 9 reperti trovati sui fondali davanti alla marina di Riace sono stati recuperati e trasferiti nei depositi del Museo Archeologico di Medma-Rosarno «dove sono stati periziati dal funzionario archeologo responsabile per il settore subacqueo». La Soprintendenza sta procedendo «alle verifiche tecniche, agli approfondimenti del caso e al sopralluogo necessari a rispondere alle domande e ai dubbi sulla provenienza e sul contesto di rinvenimento dei reperti». Se ne occuperà «un laboratorio universitario di primissimo livello», ed è stato programmato «il sopralluogo istituzionale sui fondali di Riace», che avverrà nei prossimi giorni, condotto dal funzionario archeologo subacqueo della Soprintendenza con il supporto tecnico operativo del Nucleo Carabinieri subacquei di Messina e la presenza dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza.