Reggio

Giovedì 21 Novembre 2024

«Gli Dei ritornano» al Museo di Reggio. “Gemellaggio” della bellezza coi bronzi di San Casciano

Fu normale, due anni fa, immaginare il parallelismo con i Bronzi di Riace. Si era nel pieno dei festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario del ritrovamento delle due statue nel mare di Riace, quando da altre acque, quelle del santuario termale del Bagno grande di San Casciano in Bagni, in provincia di Siena, emerse dal fango il più grande deposito di statue in bronzo di età etrusca e romana, mai scoperto nell’Italia antica ed uno più importanti di tutto il Mediterraneo. Qualcuno definì esagerata quella comparazione, che nel tempo ha perso ogni fondamento. E ora eccoli vicini, al Museo di Reggio Calabria, nella mostra «Gli Dei ritornano – I Bronzi di San Casciano», inaugurata ieri, promossa dal ministero della Cultura e realizzata dalla Direzione generale dei Musei del MiC, guidata dal prof. Massimo Osanna, con il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. L’esposizione è allestita con un percorso immersivo, aperto da un video che racconta il percorso della scoperta, i primi ritrovamenti, la bellezza dei reperti tornati alla luce. Poi, le teche che brillano come galassie nel cosmo. Tutto serve per catturare l’attenzione del visitatore, il suo coinvolgimento emozionale, di scoperta e di conoscenza. Si tratta di capolavori che dal II secolo a.C. arrivano al I secolo d.C. «Colpisce la coesistenza di mani diverse, di officine diverse – evidenzia Jacopo Tabolli, dell’Università per Stranieri di Siena, direttore scientifico dello scavo nel santuario termale di San Casciano in Bagni – . Sono città lontane quelle da cui arrivano le opere “ donate” alla fonte termale e che dimostrano effettivamente questo coesistere di gruppi diversi, che giungono in pellegrinaggio e riconoscono un punto meraviglioso del paesaggio toscano come il loro centro di ritualità permanente. San Casciano non è un'eccezione. Molti sono i santuari in cui il bronzo era “offerto” all'acqua termale della fonte». La campagna di scavi è ancora in corso. Intanto i bronzi oggetto del primo importante ritrovamento hanno fatto bella mostra di sé, prima nelle sale del palazzo del Quirinale, a Roma, e successivamente al Museo Archeologico di Napoli. Ed è stata in quella occasione che il direttore del Museo di Reggio, Fabrizio Sudano, ha scritto al prof. Massimo Osanna, direttore generale dei Musei, per lanciare l’idea di ospitare la mostra anche a Reggio Calabria. Da lì in poi è stato un lavoro corale, fino all’inaugurazione di ieri, che ha sancito questo legame tra due scoperte niente affatto vicine. Niente affatto paragonabili, ma straordinariamente belle. «Si tratta di ritrovamenti diversi, scaturiti in contesti diversi, che rappresentano una opportunità unica sia per i reggini, sia per i tanti turisti che in queste settimane stanno invadendo la città, e ci tengo a sottolineare, invadendo», ha commentato all’inaugurazione, in rappresentanza del sindaco Giuseppe Falcomatà, il vice sindaco Paolo Brunetti, che nel salutare il primo cittadino di San Casciano in Bagni, Agnese Carletti, ha proposto un gemellaggio tra i due Comuni. «Per noi, oggi, aver avuto l'opportunità di portare i Bronzi di San Casciano in Bagni qui, è una grande emozione – ha commentato Agnese Carletti, sindaco di San Casciano in Bagni – . Si tratta di un parallelismo che tutti abbiamo fatto. Ma è stato un parallelismo fatto con l'anima. Tra i Bronzi di Riace e i Bronzi di San Casciano in Bagni ci sono differenze infinite: quello di San Casciano è un progetto scientifico, per i Bronzi di Riace è stato un ritrovamento fortuito. Farli incontrare significa un po' raccontare all'Italia, il valore e la ricchezza del patrimonio incredibile che abbiamo, ma anche uno scambio all’insegna dell’interculturalità che ci spinge a fare rete, a fare squadra per il bene di tutti». «Reggio è stata un po' una scelta obbligata da subito – ha commentato il prof. Osanna – . La scoperta di San Casciano è stata subito associata a quella dei Bronzi, non dal punto di vista qualitativo, ovviamente, ma come scoperta di bronzi importanti. Il bello è vederli qui, anche per capire come cambia il mondo fra i due capolavori del quinto secolo, che dovevano trovarsi in un grande santuario greco, e queste statue, oggetto della devozione privata di una élite di etruschi e romani». L’allestimento della mostra, in un coinvolgente gioco di luci, che mette in evidenza le statuette ed i numerosi reperti, monete e frammenti ritrovati in loco, racconta quello che succedeva nel santuario antico. «Per noi sono fonte inesauribile di conoscenza – afferma da archeologo il direttore del MANRC, Fabrizio Sudano – . Tracciano la quotidianità, la sacralità degli oggetti e dei riti che si svolgevano nel santuario, in un luogo sicuramente lontano dalla Magna Grecia, dalla Calabria, ma molto vicino a noi a livello di riti e di rituali. Sarà un confronto ravvicinato con i bronzi Riace di cui tanto si parlò allora, all'epoca del rinvenimento. Ma sono contesti, statue e oggetti completamente diversi che dialogano perché fanno parlare finalmente dell'antichità in modo diverso, ma con lo stesso intento, quello di promuovere e valorizzare l’immenso patrimonio storico del nostro Paese». La mostra resterà aperta fino al 12 gennaio, con orario continuato dalle 9 alle 20, dal martedì alla domenica.

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