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Biennale dello Stretto 2024, condivisione e pluralità: stamani l'inaugurazione a Campo Calabro

Idee per costruire una narrazione organica del territorio mediterraneo verso il futuro

Il count down è terminato: questa mattina alle ore 10 sarà inaugurata la seconda edizione della Biennale dello Stretto. La location scelta è ancora Forte Batteria Siacci a Campo Calabro, un luogo da dove si domina tutto lo Stretto di Messina e un luogo bellissimo riscoperto proprio grazie alla prima edizione della Biennale.
La seconda edizione de “La Biennale dello Stretto” sarà un capitolo culturale all’insegna della pluralità e della condivisione. Vale la pena soffermarsi su queste parole che ne esprimono sinteticamente le intenzioni. La Biennale, nel proponimento dell’ideatore Alfonso Femia, è più che un evento, una dimensione culturale destinata ad apprendere, prima che a trasferire e ipotizzare visioni e soluzioni. Pluralità e condivisione, veicoli imprescindibili del pensiero e della comunicazione contemporanea, nella Biennale si traducono in scelte concrete, a partire dalla coralità assoluta del progetto.
La Biennale dello Stretto ha avuto un esordio atipico. Un investitore privato, la società benefit 500x100, attivamente impegnata nella costruzione di progetti culturali, ha sostenuto l’indagine e la valorizzazione del territorio mediterraneo, attraverso una ricerca denominata “Mediterranei Invisibili”, ideata dall’architetto Alfonso Femia, in corso dal 2018, sviluppata nell’area dello Stretto di Messina.

Nel corso degli anni il progetto è cresciuto, ha assunto un’inaspettata ampiezza multidisciplinare che ha condotto alla Biennale dello Stretto nel 2022. L'edizione 2024 è promossa da 500x100sb, OAPPC Reggio Calabria, OAPPC Messina; ANCE Reggio Calabria, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Università degli Studi di Messina, Città Metropolitana di Reggio Calabria, Città Metropolitana di Messina, Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, Comune di Campo Calabro, Comune di Villa San Giovanni, Gal Terre Locridee, Gal Area Grecanica, Gal Batir.
Tre direttori, ognuno con una propria specificità, professionale, accademica e istituzionale, stanno lavorando insieme, mettendo sul tavolo idee per costruire una narrazione organica del territorio mediterraneo che si proietti verso il futuro.
Due macro-temi densi, uno incastrato all’altro. Il primo, “Le tre linee d’acqua” già affrontato nella prima edizione e, in controtendenza con l’usa e getta degli argomenti, riconfermato per il 2024. Il secondo “Le città del futuro”, declinato per i caposaldi dello Spazio Pubblico, della Mobilità urbana e delle Infrastrutture, dell’Abitare e della Cura, della Scuola e dei Baricentri culturali della città e orientato all’innovazione progettuale e di processo.
Diciannove curatori, una comunità intellettuale plurale che partecipa al processo esplorativo innescato dalla Biennale dello Stretto, perseguendo l’obiettivo di acquisire e condividere consapevolezza sulle potenzialità dell’area mediterranea, mettendo in campo elementi diversi, fattori sovrapposti, anche contrastanti, nel contesto di un ambito concettualmente determinato.
Architettura e Intorno: l’architettura è il motore culturale della Biennale, intesa non come semplice pratica professionale, ma come chiave di sviluppo e interpretazione del territorio e della città. La Biennale dello Stretto realizza connessioni tra le tre rive del Mediterraneo – africana, medio-orientale ed europea – e si spinge verso dimensioni geografiche più lontane, alla ricerca di potenziali similitudini e storie parallele – spaziando dall’architettura all’arte, al cinema, alla fotografia, alla narrativa, all’antropologia.
Paesaggi molteplici. Braudel parlava di “mondo-Mediterraneo”, attribuendo alla parola “mondo” un significato composito, plurale. Un mondo abitato da popoli differenti, in armonia e in contrapposizione, che si trasformano di continuo. La Biennale dello Stretto esce dalla logica eurocentrica, a partire dal luogo, la punta estrema dell’Italia e la sua isola maggiore, prossime al continente africano, dalla scelta di analizzare gli scenari delle tre rive, dalla ricerca di situazioni anche molto lontane, con caratteri assimilabili. Attraverso la Biennale, l’architettura genera l’humus per condividere le differenze geografiche, culturali, etniche, politiche e storiche del Mediterraneo e per lo scambio umano. In questa edizione i direttori hanno scelto l’approccio trasversale dello sconfinamento, ampliando gli orizzonti attraverso l’indagine progettuale, antropologica, figurativa, cinematografica, narrativa.

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