Non solo un bilancio, ma una proiezione. Non una chiusura, ma un rilancio in prospettiva. E proprio con uno sguardo ampio, aperto e, soprattutto, indirizzato al domani si è sviluppato il “finissage” per la Biennale dello Stretto, progetto culturale dalle molteplici sfaccettature, dai numerosi input che sulle due direttrici “Le tre linee d’acqua” e ”Le città del futuro” ha dato vita ad un contenitore da cui sono nati confronti, idee, suggestioni e che ha richiamato il pubblico delle grandi occasioni, soprattutto tra le maestose mura del forte Batteria Siacci di Campo Calabro. E la location principale del percorso, di cui deus ex machina sono Mariangela Cama, Alfonso Femia e Francesca Moraci, è stata pure il luogo in cui il filo conduttore è stato annodato sull’etichetta con impressa la scritta 2026. E di futuro per la Biennale si è discusso per continuare a lanciare il cuore oltre l’ostacolo, per delineare gli effetti di una «straordinaria progressione delle menti che vivono questi luoghi e di quelle che sono venute a scambiare e condividere opinioni», così come “fotografato” dalle considerazioni di Moraci. E, al di là dei ringraziamenti di rito che Alfonso Femia e Salvatore Vermiglio hanno voluto rivolgere a tutti coloro i quali, a vari livelli e con vari ruoli, hanno contribuito al successo di questa edizione 2024 della Biennale dello Stretto e ne hanno sposato la visione innovativa, il messaggio veicolato da questo “dialogo di arrivederci”, ha preso vita nelle parole di Ilario Tassone, presidente dell’Oappc di Reggio Calabria.
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