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Giuseppe Femia, l'ultima opera dell'orgoglio di Calabria: un viaggio necessario che “attraversa” la storia di Natalina

Quando si legge la prefazione di un libro, ci si aspetta spesso una guida discreta, un'indicazione che aiuti a orientarsi senza svelare troppo. Ma "Il racconto di Natalina teneva le fila" di Giuseppe Femia non ha bisogno di una bussola: il suo percorso si svela da solo, un labirinto che si dipana con ordine, come un mosaico in cui ogni tessera colorata trova il suo posto in modo impeccabile.

L'autore

Giuseppe Femia è uno scrittore che rappresenta un orgoglio per la Calabria, una regione che da sempre ha dato alla letteratura e alla cultura intellettuali di grande valore. La sua opera si inserisce in una tradizione di autori che, partendo dalle proprie radici, hanno saputo parlare al cuore del lettore, trattando temi universali con un linguaggio ricco e coinvolgente.

La ricerca della propria storia

Il romanzo è composto da storie dentro storie, un intreccio che non ha bisogno di un navigatore per essere esplorato. L’autore, con sapienza, ci invita a entrare in un flusso narrativo che, pur essendo denso e complesso, non richiede altro che la lettura per essere compreso e apprezzato. Il cuore pulsante di questo libro si trova nel concetto di ricerca della propria storia, un tema che emerge come un filo rosso, tanto nella scrittura quanto nella psicoterapia. La scrittura, come la terapia, è un viaggio alla ricerca di sé, un mezzo per ricostruire e, in molti casi, guarire. In un mondo in cui spesso l’equilibrio sfugge, ritrovare la propria storia diventa un atto di cura.

La storia di Natalina: un racconto forte

Il racconto di Natalina, che inizia come una semplice trama, si evolve e prende vita propria, contaminando gli altri racconti che si intrecciano nel libro. Natalina diventa così il simbolo di una lotta interiore, che ha bisogno di uno spazio tutto suo per poter emergere. Il suo ruolo cresce e si trasforma, fino a diventare parte di una favola simbolica che esplora temi universali come la perdita, la memoria, e la ricerca di senso. Femia, che ci accompagna in questo viaggio con uno stile schietto e sincero, non esita a mettere in discussione se stesso e il suo bisogno di raccontare. L’autore, infatti, non nasconde la sua urgenza creativa, la necessità impellente di scrivere, una forza che sembra non poter essere ignorata. La scrittura diventa, in questo caso, un atto di resistenza, un tentativo di dare ordine alla propria esperienza e, al contempo, di esplorare la profondità della condizione umana. Lo scrittore calabrese psicologo e psicoterapeuta, si distingue per il suo approccio unico e incisivo. Nato in Calabria, questa sua terra natale rappresenta un elemento fondamentale della sua identità e della sua opera. Femia porta con sé la ricchezza della sua esperienza, sia professionale che personale, e la trasforma in un racconto potente che esplora l’intimo legame tra la psicoterapia e la scrittura. Le sue storie, pur radicate nella realtà, esplorano territori simbolici e universali che rendono il libro un'opera di riflessione profonda e accessibile a tutti.

Il viaggio universale

"Il racconto di Natalina teneva le fila" è un'opera che lascia il segno, una storia che si fa testimonianza e che ci ricorda quanto sia importante dare voce alla propria storia per poter guarire e comprendere il proprio cammino. Le riflessioni sull'urgenza della scrittura e il suo potere terapeutico si intrecciano, concludendo che la scrittura non è solo una forma di espressione, ma una necessità intima, un’urgenza che nasce dalla profonda esigenza di trovare senso. Questi temi, universali e immutabili, sono il terreno fertile su cui il lettore può riconoscersi e rispecchiarsi. Femia ci offre uno specchio in cui ognuno può vedere la propria condizione, pur senza perdere la speranza, trovando una via di cura nelle storie che raccontano, e che alla fine raccontano anche noi stessi.

 

 

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