Rivedere e riascoltare Noa sul palco del teatro al Castello, anche a distanza di soli due anni dalla sua ultima performance al Roccella Jazz Festival (rassegna a cui è sempre stata legata, e che ha ospitato uno dei suoi concerti d’esordio in Italia nel 1994) è sempre un’esperienza emozionante. Perché la sua vitalità, la sua voce intensa e duttile, la sua fantasia alle percussioni unite al suo stile artistico raffinato ed evocativo, capace di essere leggero e ironico e, al contempo, profondo e toccante, insieme alla straordinaria empatia che è capace di instaurare con il pubblico, rendono ogni suo live un evento indimenticabile. Così è stato anche nell’esibizione al 41° Festival internazionale del jazz di Roccella dove la cantante israeliana (all’anagrafe Akinoam Nini), da diversi anni apprezzata anche come ambasciatrice del dialogo e della pace tra i popoli, si è esibita in versione “trio percussivo”, con il fedele “maestro” Gil Dor alla chitarra e il versatile percussionista Gadi Seri, inaugurando la sezione storica della rassegna intitolata “Rumori Mediterranei”. Il concerto ha spaziato tra brani del suo ultimo album “Afterallogy”, dedicato ai più grandi standard del jazz e realizzato assieme a Dor nel periodo del lockdown, a “Letters to Bach”, un lavoro di qualche anno fa con testi da lei composti in ebraico e inglese su composizioni di Bach arrangiate dal suo storico chitarrista. «Vedo una grande connessione tra questi due album: rappresentano l’atto di inginocchiarsi davanti alla grandezza musicale, spiegando allo stesso tempo le nostre ali e volando con i maestri nel futuro», ha confidato l’artista al pubblico. La performance roccellese ha rappresentato un simbolico viaggio sonoro non solo in Paesi e culture differenti, stili e suoni diversi, ma anche dentro le radici cosmopolite della cantante, «cresciuta con una nonna yemenita, – ha ricordato – un’infanzia a New York, l’età adulta in Israele e quasi tutti gli ultimi trent’anni trascorsi in giro per il mondo con il mio amico Gil Dor a fare musica, la lingua che parlo, che illumina il diverso e cerca profondità e bellezza in tutte le cose». Coinvolgente e variegato nei ritmi e nei temi (non è mancato da parte dell’artista un pensiero alle vittime del Covid e alle città di Bergamo e Brescia in prima linea nella lotta al virus, unito a riflessioni sull’amore come risposta alle incertezze a cui ci ha sottoposto questo delicatissimo e drammatico momento storico), il concerto ha entusiasmato i numerosi spettatori, coinvolti sul finale in coro in uno dei brani celebri del suo repertorio, “I dont’ know” e nello stupendo fuoriprogramma “Beautiful that way”, salutato da una calorosa standing ovation. Anche il primo set musicale della serata, ispirato al jazz orientale, è stato accompagnato da applausi sostenuti da parte del pubblico, che ha apprezzato le scelte del direttore artistico Vincenzo Staiano. Protagonista un ferrato quartetto di musicisti albanesi, “The Albanian Jazz Society”, guidato dal pianista Gent Rushi (con Ermal Rodi, Emialjan Dhimo, Roni Gjura), che ha eseguito composizioni di grande verve ritmica e melodica che saranno presto pubblicate in un album live. Oggi il festival prosegue a partire dalle 21.15 con la produzione originale “Meeting in Roccella”, dove due icone del jazz mondiale come Dudu Kouatè e Luke Stewart dialogano con due astri nascenti del jazz italiano: il batterista Raul Catalano e il pianista Thomas Umbaca. Di seguito, in prima nazionale, si esibirà il gruppo italo-statunitense “Bardamu’” con il noto rapper americano K. Sparks.