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Il futuro di Riace, tre candidati e un tacito patto: "Nessuno cancellerà il lavoro di Lucano"

Mimmo Lucano

Mimmo Lucano è in esilio ed è ovunque, icona planetaria di una sinistra accogliente e umanitaria senza confini e (in Italia ma non solo) purtroppo anche senza una “casa” credibile. È lui ormai, con Gino Strada e pochi altri, a incarnare il fronte, per adesso più “social” e di piazza che politico, che si oppone a sovranismo e intolleranza dilaganti, e a rigurgiti ancora peggiori.

Ogni tempo ha le sue icone, e il caso di come sia potuta “accadere” una “universalità” come Lucano, sindaco sospeso e in attesa di giudizio, personalità di orgogliosamente umile background culturale, emersa da confini geografici talmente ristretti da sfiorare l'irrilevanza, sarà forse, in futuro, materiale da storici e sociologi. Qui parliamo d'altro, parliamo della placenta che generato il demiurgo, del centro divenuto margine, dell'irrilevanza geografica assurta non si sa quanto scientemente a culla di un nuovo umanesimo. Parliamo di Riace.

Dei suoi candidati a sindaco si conosce poco o nulla, del tutto ignorati come sono dai media d'oltrelocride. Si sa che sono tre (per 1.400 votanti scarsi) e vissuti sempre, negli ultimi 20 anni, chi più chi meno, all'ombra del “dominus”. Li abbiamo ascoltati, tutti insieme, per capire come intendano gestire l'eredità che dal 26 maggio aspirano a caricarsi sulle spalle. Soprattutto, per capire cosa ne sarà di essa.

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