Provato, amareggiato, non più sindaco, né consigliere comunale, neppure di minoranza e con un processo penale sulle spalle dall'esito ancora molto incerto. Ma tutt'altro che disposto a mollare, a piegarsi e a pensare che sul cosiddetto "Modello Riace", in tema di accoglienza di uomini, donne e bambini che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni, si possa mai calare del tutto il sipario. Mimmo Lucano, ex sindaco della cittadina collinare della Locride nota in tutto il mondo per i famosi Bronzi ma anche per l'accoglienza che almeno nell'ultimo decennio ha dato a centinaia di rifugiati, non si dà per vinto. "Dopo 11 mesi di 'esilio', visto il divieto di dimora che mi è stato imposto dall'autorità giudiziaria di Locri ad ottobre scorso, sono tornato, da uomo finalmente libero, nella mia cittadina, a Riace, dove conto, anche se non sono più amministratore comunale, di continuare a dare aiuto a chi ne avrà bisogno. Farò di tutto per lavorare e favorire i progetti di accoglienza perché ormai, nel mondo, Riace rappresenta questo", dice. Lucano tornato a Riace, grazie alla revoca del divieto di dimora decisa dal Tribunale di Locri giovedì scorso nonostante il parere contrario della Procura, è imputato per aver favorito l'immigrazione clandestina, per l'illecito affidamento a due cooperative di Riace della raccolta dei rifiuti e per abuso d'ufficio nel processo "Xenia" che indaga su una presunta illecita gestione dei fondi destinati all'accoglienza dei migranti. Nella sua prima conferenza stampa a Riace, dopo 11 mesi di esilio, Lucano, nonostante il "disturbo" del suono a festa, ogni dieci minuti, delle campane della chiesa ("Il parroco del paese, ha detto Mimmo Lucano, lo sta facendo di proposito. Del resto lui alle ultime elezioni comunali ha votato per la lista della Lega.."), ha fermamente ribadito di essere "stato accusato e mandato sotto processo per reati che non ho affatto commesso. L'altro aspetto grave - ha aggiunto l'ex sindaco, alla guida della cittadina collinare della Locride dal 2004 al 2019 - è che con la vicenda di Riace è stato fatto passare un messaggio politico, governativo e istituzionale pericoloso e grave: aiutare un altro essere umano è reato. Io mi rifiuto di avere un governo così, con questa cattiveria in corpo. Tutto questo è disumano". Gli ultimi passaggi Lucano li ha poi voluti dedicare ai suoi mandati di sindaco di Riace e all'inchiesta in atto nei suoi confronti: "Io ho cercato di fare il sindaco per fare del bene, per riscattare questa fetta di territorio calabrese. Riace era un paese alla deriva in tutti i sensi, spopolato e abbandonato. Io da sindaco ho cercato solo di ridare vita e futuro al paese. Su quanto successo a Riace pretendo sia faccia al più presto chiarezza. Pretendo anche risposte chiare. Qui a Riace è arrivato, negli ultimi dieci anni, il mondo intero tessendo lodi. Com'è possibile, allora, che a Riace sia stato compiuto quello che la Prefettura di Reggio Calabria e la magistratura hanno ipotizzato. Io con l'anima e il cuore ho cercato di non fare solo il semplice sindaco che si mette la fascia e basta ma di creare una realtà diversa, di far emergere, con accoglienza e ospitalità, un territorio fin troppo bistrattato e abbandonato dallo Stato da decenni".