Il governatore Roberto Occhiuto lo ribadisce a ogni uscita pubblica interpellato sul caso: «Il rigassificatore di Gioia Tauro si farà, potrebbe produrre la metà del gas che prima importavamo dalla Russia, e aumenterebbe il potere negoziale dell’Italia nei confronti dei Paesi dai quali al momento acquistiamo questa fondamentale materia prima: potremmo imporre prezzi per noi più convenienti. È, dunque, un investimento estremamente strategico, ha tutte le autorizzazioni già pronte, possiamo partire anche domani, e sono contento che il ministro Pichetto Fratin abbia deciso di inserirlo in questo piano. Voglio questa grande infrastruttura anche perché per rigassificare serve la piastra del freddo, e con questa realtà potrei costruite a Gioia Tauro un grande distretto dell’agroindustria per congelare i prodotti alimentari prodotti non solo in Calabria, ma anche ad esempio in Sicilia o in Campania. Questa sarebbe un’ulteriore opportunità di sviluppo per Gioia Tauro, che non dimentichiamolo è il primo porto d’Italia, ma anche per tutta la mia Regione».
Ma Occhiuto sa bene che la partita sul rigassificatore è molto complessa perché da un lato la spinta alla sua realizzazione si era arenata tanti anni addietro e si è poi riaccesa a causa del conflitto in Ucraina, ma anche per gli interessi fortissimi in gioco nello scacchiere europeo del rifornimento del gas. Sono passati 10 anni da quando nel 2013 il ministero dello Sviluppo Economico fu costretto ad adottare un decreto che consentiva la sospensione sine die del termine per avviare i lavori altrimenti da provvedimento dell’epoca non sarebbero più potuti partire. Si sperava che all’apice della crisi del gas quel grande progetto della Lng Medgas Terminal potesse davvero uscire dai cassetti per essere realtà e invece a distanza di oltre un anno dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina poco o nulla – se non qualche annuncio e le rassicurazioni del ministro Picchetto Fratin – è successo.
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