È nel Decreto Energia l’ultima sliding door per il rigassificatore di Gioia Tauro. E proprio ieri il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha detto che il provvedimento dovrebbe arrivare in Consiglio dei Ministri la prossima settimana, «se finiamo come credo le interlocuzioni e sappiamo cosa mantenere e cosa espungere». Finché non saranno sciolti gli ultimi nodi con l’Unione Europea tutto resta bloccato, compreso il passaggio più atteso a Gioia Tauro e in Calabria: nella bozza del decreto iniziata a circolata a metà ottobre è previsto che siano dichiarati «interventi strategici di pubblica utilità, indifferibili e urgenti le opere finalizzate alla costruzione e all’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto on-shore, nonché le connesse infrastrutture per le quali, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, sia stato rilasciato il provvedimento di autorizzazione». È esattamente il caso di Gioia, «il cui progetto – ricorda il presidente della Regione, Roberto Occhiuto – ha tutte le autorizzazioni valide, sarebbe realizzato con le risorse di Iren e di Sorgenia e avrebbe una capacità di 16 miliardi di metri cubi, più della metà di quanto importavamo dalla Russia».
Dalla Cittadella regionale è forte il pressing sul governo Meloni perché sia dato il via libera definitivo al rigassificatore, al quale fra l’altro è legato il piano per la piastra del freddo. A spiegarlo è stato più volte lo stesso governatore: «Siccome per rigassificare occorre la piastra del freddo, che serve anche a surgelare i prodotti, la Calabria potrebbe allocare, nell’area prospiciente il primo porto d’Italia, Gioia Tauro, un grande distretto dell’agroindustria per surgelare anche prodotti della Sicilia e della Campania». Di fatto, però, tra guerra, crisi energetica e cambi di governo si discute da due anni senza cavare un ragno dal buco. E il blocco, dalla Regione, viene considerato inspiegabile.
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