A colloquio con il primo cittadino Giusy Caminiti dopo il confronto operativo di mercoledì con la “Stretto di Messina” ospitato da Palazzo San Giovanni, al quale, oltre al sindaco e all’amministratore delegato della società, Pietro Ciucci, erano presenti anche i funzionari comunali. Cuore dell’incontro i passaggi che stanno scandendo il percorso verso il Ponte, con un più approfondito focus sulla questione espropri cui guarda con apprensione la comunità villese, soprattutto quella parte direttamente interessata ai provvedimenti.
A margine della riunione con l’amministratore delegato Pietro Ciucci, ha parlato di adeguamento “sartoriale” alle esigenze dei cittadini coinvolti negli espropri. Che tipo di riscontro su tale fronte?
«Gli espropri tema clou del confronto tra l’amministrazione e la “Stretto di Messina”. Su tremila ditte tra Calabria e Sicilia, 150 sono le abitazioni che dovrebbero essere espropriate a Villa, di cui circa 50 prime case. Non possiamo che continuare a chiedere alla società un’attenzione particolare che, in corso di riunione, per la prima volta, abbiamo registrato. Colta la volontà di un adeguamento, appunto, “sartoriale” alle esigenze dei cittadini, nel senso che ciascun esproprio sarà trattato a sé, non con una generalizzazione. Si guarderà casa per casa il da farsi affinché possano essere adottate anche soluzioni alternative: valutare se si può evitare l’abbattimento di un immobile perché, per esempio, non ricade nell’area di cantiere in senso stretto, se ad un esproprio può sostituirsi un’occupazione con quindi, poi, una restituzione, analizzare ogni situazione. Anche una sola casa salvata dall’esproprio è l’esigenza di un cittadino cui si viene incontro. Abbiamo ovviamente riproposto le problematiche legate al diritto all’abitazione, alla diminuzione di valore di manufatti nelle immediate adiacenze dell’opera e di quelli che subiranno il cono d’ombra e a quegli altri profili “da danno”, chiaramente risarcitori ex ante non ex post».
Quali sono le esigenze che i cittadini coinvolti pongono più sovente alla sua attenzione?
«C’è preoccupazione per lo sconvolgimento derivante da un cantiere che non si sa quanto durerà e se mai finirà. Si teme l’incompiuta. Del resto la “variante” parla, per la città è una ferita che ricorda i tempi biblici nella realizzazione anche di piccoli interventi quale la sua mascheratura, la riqualificazione del lungomare. Altri aspetti in quest’ottica riguardano la vivibilità all’interno del perimetro urbano: viabilità e quindi l’area occupata dal Ponte insieme all’attraversamento da e per la Sicilia».
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