Reggio

Venerdì 24 Gennaio 2025

Lo scontro Occhiuto-Falcomatà, sullo sfondo le elezioni regionali in Calabria

Lo scontro verbale avviene a distanza fisica (uno è Cosenza, l’altro si trova a Reggio Calabria) e temporale, ma non cambia la sostanza. Già, perché lo scambio di battute al vetriolo tra Roberto Occhiuto e Giuseppe Falcomatà rivela una tensione crescente tra il governatore di Forza Italia che ormai non fa mistero di puntare ad un nuovo mandato e il sindaco di Reggio Calabria, esponente del Pd, che potrebbe rientrare nel novero dei papabili a guidare il centrosinistra alle prossime Regionali. E anche se il voto è ancora lontano - potrebbe slittare addirittura alla primavera 2027, ben oltre la naturale scadenza dell’autunno 2026 -, la partita a scacchi è già iniziata. Il botta e risposta si consuma, manco a dirlo, sui temi della sanità. Occhiuto, ospite della trasmissione televisiva condotta da Lino Polimeni, “Articolo 21”, parlando del suo intervento chirurgico al cuore effettuato al Policlinico “Dulbecco” di Catanzaro, a distanza di tempo ha inteso rispondere a Falcomatà che nelle scorse settimane, sempre nel corso dello stesso format, era andato all’attacco: «Occhiuto si è scelto il medico, questo può avvenire nel privato ma non ne pubblico». Parole, evidentemente, non dimenticate da Occhiuto. «Falcomatà lo rispetto come sindaco della città metropolitana di Reggio Calabria ma è un ignorante come uomo. Io sono stato operato in Calabria dal professore Maselli ed è successo più volte che un medico vada in altra struttura per interventi, succede in tutta Italia. Tutti mi consigliavano di operarmi fuori regione - sono le parole utilizzate in televisione dal governatore - ma io ho deciso di rimanere qui. Ho avuto problemi in terapia intensiva, ho preso un batterio, pensavo di morire, sono stato salvato da un bravo medico calabrese». Polemica chiusa? Macché. È Falcomatà a controreplicare: «Mi spiace che il governatore si sia prestato ad una tale caduta di stile, arrivando addirittura all’insulto personale. È un modo di fare che non mi appartiene, che non ha mai fatto parte del modo in cui interpreto il mio ruolo di rappresentante delle istituzioni».

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