Cosa c’entrano Cartesio, l’ologramma di Giacomo Puccini, l’orco Shrek e il topino di Ratatouille con… le protesi dentarie? Sono le pietre miliari di una storia avvincente che passa anche per lo Stretto di Messina e risale lo Stivale fino a Genova per condurre ad una innovazione tecnologica destinata a stravolgere (per ora) il lavoro di dentisti ed odontotecnici.
La storia ce la racconta il professor Luigi Rubino, docente in radiologia odontoiatrica e capogruppo linee guida nazionali sulla radiologia odontoiatrica in età evolutiva presso il segretariato generale del ministero della Salute:
«I professionisti che lavorano sull’implantologia dentaria hanno un problema serio da gestire nella creazione e nel posizionamento delle protesi: pianificare gli interventi chirurgici dentali in una dimensione virtuale anche con l’ausilio dei software più complessi e tradurli poi in applicazione concreta».
Cartesio e i suoi famosi assi hanno dato alla scienza l’input giusto per consentirle di fare enormi balzi in avanti che, sembra strano a dirsi, hanno trovato oggi un limite nello schermo bidimensionale del Pc. Se per l’altezza e la larghezza non ci sono problemi, la “z” della profondità è difficile da riprodurre in modo efficace e con tutte le sue conseguenze tecniche nelle applicazioni pratiche più complesse. E qui veniamo al secondo personaggio.
Il professore partecipa al festival della robotica di Pisa dove assiste a una rappresentazione che lo colpisce particolarmente. Vede il tenore Andrea Bocelli dialogare amabilmente con l’ologramma di Giacomo Puccini con una fedeltà dell’immagine talmente sorprendente da confondere gli spettatori.
Alla fine della performance il docente vuole capire chi c’è dietro l’originale mise-en-scène e si ritrova un gruppo di giovani informatici appartenenti alla scuola “Italia 3D Accademy” di Pisa: Paolo Benvenuti e Nico Birindelli, 22 anni di Pisa, Rosario Esposito Ferrara, 29 anni di Gela e Jeevan Badagliacca, 22 anni a febbraio, di Reggio Calabria.
Le giovani menti sono guidate dai “senior” Giulio Luzzi (58 anni, di Arezzo) e Giampiero Turchi (51 anni di Arezzo).
Nello specifico Jeevan Badagliacca: originario dell’India, è reggino di adozione e nella città calabrese dello Stretto si è formato ed è cresciuto.
Lui è uno “User Interface Designer”, colui cioè che si occupa di realizzare la grafica per le interfacce dei software. A lui e ai suoi colleghi il professor Rubino chiede se è possibile utilizzare in campo medico le intuizioni di realtà aumentata utilizzate per l’ologramma di Puccini. La risposta è spiazzante: «E che ci vuole?», e in men che non si dica il gruppo di lavoro si mette all’opera per far sì che la terza dimensione diventi una realtà virtualmente tangibile.
Jeevan ha precocemente sviluppato una vera e propria attitudine verso la ricerca informatica. A 10 anni
rimane folgorato dal cartone animato della Dreamworks con l’orco verde, il primo che utilizza una rivoluzionaria tecnica di animazione grafica. Su suggerimento di alcuni amici di famiglia i genitori gli procurano i primi strumenti informatici e un sistema operativo “open source” per consentirgli di imparare sempre di più.
Nel frattempo, consolida e completata la sua preparazione tecnica al liceo scientifico “Leonardo Da Vinci”., dopo la maturità parte alla volta di Pisa dove la sua creatività trova terreno fertile all’interno della prestigiosa Italia 3D Accademy, istituto formativo innovativo nel campo della ricerca e della riproduzione virtuale. Qui incontra i suoi colleghi. Con alcuni di essi, meridionali come lui, sviluppa una proficua collaborazione scientifica e creativa che lo portano a connettersi poi con coetanei sparsi per il
mondo, tutti animati dalla medesima passione per la ricerca.
Fino poi all’incontro col professor Rubino, anch’egli meridionale di origine (è brindisino) ma da tempo trasferito a Genova dove vive e insegna all’università. Con lui nasce questo nuovo filone estremamente tecnico che ha portato alla creazione di “V Rubino”, il software che permette di progettare efficacemente gli interventi in tre dimensioni utilizzando un visore 3D, e degli appositi guanti con i quali lo specialista interagisce con il modello come se fosse realmente presente in presa diretta.
L’invenzione è stata presentata lo scorso settembre a Verona al 22esimo congresso di Odontoiatria
Biomax ed è stata pubblicata sul sito IT.Denta-Tribune.com, la più grande piattaforma e rete dentale al mondo con oltre 1 milione e 235mila professionisti del settore.
«Con un visore sugli occhi e sensori sulle dita – spiega il docente - il medico può immergersi in quello che viene definito mondo virtuale operando come se avesse in mano la bocca del paziente e i supporti da inserire vedendo direttamente le conseguenze delle sue azioni».
Il modello virtuale così ottenuto viene poi salvato su un file e utilizzato magari come modello per la stampa o l’invio in altre zone del mondo per interventi da remoto o eterodiretti, un po' come fa il dolce topino di Ratatouille che, nascosto sotto il cappello da chef, guida le mani del protagonista tirandogli i capelli. L’ennesima invenzione scenica, questa volta della Pixar, precorre i tempi e indica una direzione di ricerca. Un professionista potrà da remoto guidare le azioni di un altro operatore utilizzando il visore e il software apposito. Tutto questo potrà rendere più efficaci, sicuri ed economici gli interventi chirurgici più complessi anche in zone remote del pianeta.
E nel frattempo Jeevan e i suoi giovani collaboratori potranno continuare a sondare il mondo del virtuale per portare vantaggi nel mondo reale. Pensando a loro Rubino ha chiosato richiamando in parte il grande Massimo Troisi:
«Ogni generazione esprime dei geni e degli orsacchiotti. Io ho avuto il privilegio di conoscere giovani del primo tipo».
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