Dopo appena tre anni di attività a stretto contatto con il tessuto sociale e a favore del mondo giovanile, i salesiani che operano nella chiesa di San Francesco di Paola sono costretti a lasciare Gioia Tauro. Disposizioni dell'ispettoria meridionale, che oltre al Sud Italia comprende anche Albania e Kosovo, a causa di una situazione sempre più precaria sotto l'aspetto delle risorse umane e delle vocazioni. Nell'arco di 10 anni, infatti, da 500 confratelli per circa 32 case si è passati a 170 per 29 case. «È una sofferenza, non è facile - commenta il responsabile della parrocchia, don Pasquale Cristiani - c'era un progetto ben strutturato dietro. Avevamo suggerito di chiudere in altre realtà dove la famiglia salesiana è presente da più tempo, con un carisma consolidato che possono portare avanti anche i laici; farlo a Gioia è come aver illuso la gente: adesso si cominciavano a raccogliere i frutti, in un clima di collaborazione con le famiglie e i giovani e di ritrovata unità con le altre comunità religiose». Curiosamente, l'ispettore che ha deciso di sacrificare la missione di Gioia Tauro era proprio il vicario di don Pasquale Cristiani, quando era lui a ricoprire l'incarico e insieme decisero di dar vita a quest'esperienza, «perché - spiega- ci sembrava molto interessante per il nostro carisma salesiano: Gioia è l'ombelico della Piana, bisogna lavorare in un certo modo ma sull'educativo i tempi sono lunghi, non si hanno risultati immediati». L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione di Reggio