Non c’era né sale, né olio. Solo qualche confezione di pasta e un po’ di burro portato dall’Italia. Una casa senza mobili, un cucinino dato in prestito e dei materassi. A Puerto Acosta, in Bolivia, a 4.200 metri sul livello del mare, mancava tutto.
Il 7 ottobre del 1985, giorno dedicato alla Madonna del Rosario, suor Elisa Sclapari ed altre suore, con l’aiuto di Dio, aprono “Porta del cielo”: la prima missione in terra straniera. Per l’occasione la gente prepara una festa a base di patate e fave bollite insieme a mais e ciugno: una sorta di tubero congelato al freddo e non al freezer. Lì manca la corrente elettrica.
Suor Elisa è forte di carattere, originaria di Montebello Jonico, determinata e carica di amore per il prossimo; è la prima suora della congregazione delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore fondate da mons. Giuseppe Cognata che parte per le missioni all’estero. Quando madre Bice, generale dell’ordine, chiama l’appello, Elisa risponde “Eccomi”. Con lei altre suore: Rosella Maria Vittoria Tiana, Giuseppina Michelina Augugliaro e Franca Pierina Fiorentino.
Elisa apre la pista verso la terra straniera. Vuole donare la propria vita a Dio in modo completo e totale in un paese dove tutto manca. Né scuole, né asili, tantomeno università e ospedali. Persino la luce e l’acqua sono inesistenti dentro le case. Tanti giovani dormono per strada. Tutto, in quella terra, parla di sofferenza. I neonati vivono abbandonati. Spesso suor Elisa li trova davanti al portone e lei è lì pronta a fare da mamma. Impara presto a dare il latte e a cambiare i pannolini. Emozioni forti come le tante lotte portate avanti per insegnare alle mamme ad accudire i figli. Lotte con lo Stato perché dentro ogni casa arrivasse acqua e luce. E dopo alcuni anni ce l’ha fatta.
Nei tanti poveri e scalzi vede il cuore dell’uomo ridotto a misero dai suoi simili. Per lei moribondi, sofferenti, deboli, orfani e poveri sono i primi perché in essi c’è il volto ed il cuore di Gesù.
La suora è un vero generale. Il generale di Dio che non si tira indietro neppure quando, senza soldi, promette all’ospedale di pagare per il povero purché venga curato.
In Bolivia se non paghi ti lasciano dietro la porta. E lei arriva con la sua jeep, insieme a suor Rosella, senza un soldo in tasca per dire “intanto curatelo e poi con l’aiuto di Dio pagherò”. Dopo qualche giorno, dice la suora, arrivava sempre la Divina Provvidenza. «Basta avere fede – afferma – noi i miracoli li vediamo ogni giorno».
«A un certo punto – dice Elisa – non sapevo cosa fare. Troppa sofferenza. Così nelle tante notti di preghiera chiedevo con forza a Dio di indicarmi la via». Ed ecco la grande intuizione: iniziare dai più piccoli. «Sì, devo costruire un grande asilo e delle scuole. La cultura li aiuterà a cambiare». Tutto è chiaro nella mente di suor Elisa e con suor Rosella partono in quarta! Iniziano i lavori ed ecco l’asilo. Dopo le scuole fino al superiore. Poi il sostegno economico per chi vuole seguire l’università. Più di seicento bambini e si fa scuola ovunque. Persino nel giardino e quando si spiega tutto è silenzio. La gente non sapeva quando nasceva e quando moriva. Pochi sapevano leggere. Il tempo era come incastrato in un alone di disperazione.
Così passano gli anni. Gli studenti crescono, si formano e cambiano mentalità. Ormai pochi abbandonano i bambini dietro il portone delle suore, i giovani cresciuti nelle scuole della missionaria si spostano per frequentare l’università. Acqua e luce sono dentro casa. Molto è cambiato. La gente inizia a vivere. Le suore sono sempre punto di riferimento per la gente e per le istituzioni. “Madre Elisa”, così viene chiamata, va avanti come se fosse il primo giorno e nonostante gli impegni ha il delicato compito di seguire le vocazioni. Nel tempo sono state aperte nuove case in Perù ed in città vicine per dare forza e coraggio alla gente perché si riscatti e rinasca.
Sono ormai passati 36 anni da quando la suora è volata da Montebello in Bolivia e nulla è rimasto come prima. Una goccia che, con la forza della preghiera, è diventata mare. «Io – dice Elisa – non ho fatto nulla. Tutto è opera di Dio».
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