Reggio

Lunedì 25 Novembre 2024

Gianni Versace, parla il fratello Santo: "La sartoria di Reggio bottega del Rinascimento"

Santo Versace, 77 anni, è il fratello maggiore di Gianni, è stato presidente della società di famiglia fin dalla sua costituzione e poi amministratore delegato fino al 2004. Nel 2008 è stata eletto deputato con il Popolo della Libertà, ma ha finito la legislatura nel gruppo misto. Ora produttore cinematografico, è sposato con l’imprenditrice reggina Francesca De Stefano («25 anni meno di me, mi ha fatto superare tutti i traumi»), con cui ha creato la Fondazione Santo Versace. Gli abbiamo fatto qualche domanda. Ci racconta come è nata l'attività, come e quando avete fondato la società, con quali speranze? «La prima società era in accomandita semplice ed è stata costituita a Reggio Calabria nel 1972/73 presso il mio studio di commercialista. Eravamo soci io, Gianni, mio padre e mia madre. Gianni cominciava una nuova avventura e io ero sicuro che avrebbe avuto successo. Me lo sentivo, vedevo come già lo interpellavano da vari atelier italiani». In breve, come tutto è continuato fino al successo internazionale? «Nei primi anni a Milano Gianni fu consulente di Florentine Flowers, De Parisini, Luisa di Firenze, Mistral. Poi collaborò con Callaghan, Genny, Complice, Alma, Spazio. Finché prese il volo per conto suo». Come funzionava il vostro lavoro insieme? «Era diviso in due aree. Gianni si occupava di collezioni, sfilate, campagne fotografiche e comunicazione. Tutto il resto, produzione e distribuzione erano affidate a me. Donatella era sempre accanto a Gianni». Secondo lei, cosa aveva Gianni che gli altri stilisti non avevano? «Certo, era mio fratello, ma sono convinto: Gianni Versace, il Genio Assoluto. E poi gli altri». L'infanzia a Reggio, l'atmosfera in famiglia, la perdita di sua sorella Tinuccia. «Fu bellissima nonostante il dolore per la perdita di Tinuccia, morta a quasi 10 anni. Poi, due anni dopo, l’arrivo di Donatella riportò la gioia in casa». Come funzionava l'atelier di sua madre? Cosa ha significato per Gianni? Qual è stato il ruolo di suo padre? «L’atelier era in via Domenico Muratori e funzionava come la più importante sartoria dello Stretto con una straordinaria clientela a Reggio e Messina. Nella casa che abitavamo oltre il cortile è nato Gianni. Poi fu trasferito in via dei Correttori, dove è morta Tinuccia ed è nata Donatella, quindi in via dei Pritanei. Seguirono i negozi, il primo aperto nel giugno del 1965, e poi quelli Donna, Uomo e Bambino. Per Gianni la sartoria è stata come una bottega del Rinascimento dove ha imparato l’arte. Mio padre ha sempre avuto un ruolo di imprenditore, prima nel carbone vegetale e poi in quello degli elettrodomestici, e si preoccupava di far vivere bene la sua famiglia. Era anche un grande atleta, giocò titolare, fascia sinistra, nella Reggina, in serie C. Vinceva anche le corse ciclistiche e fu campione di corsa campestre. Da ragazzo corse i 100 metri in 11’03. Era una specie di Superman. Amava raccontare dei grandi classici greci e latini, si entusiasmava con l’Orlando Furioso». Quanto è stata importante la Calabria nell'ispirazione di Gianni? «Gianni è un figlio di Reggio e della Magna Grecia, non c’è dubbio. Lo ha sempre detto». Cosa rimane del mito di Gianni Versace? «Oggi tutte le più belle sfilate e tutti i migliori stilisti studiano e seguono il solco tracciato da Gianni. Il mito di Gianni cresce sempre di più e tutti riconoscono il suo genio».

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