«Penso che ci sia un enorme bisogno di speranza». Lo ha detto il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana a Reggio Calabria dove è intervenuto, nella Basilica Cattedrale, per tenere una prolusione sul tema «Giustizia sociale e misericordia: testimoniare la speranza del nostro tempo" promossa nell’ambito degli eventi giubilari diocesani. Assieme al cardinale Zuppi, l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova monsignor Fortunato Morrone e Annarita Ferrato, presidente dell’Istituto superiore di Scienze religiose "Monsignor Vincenzo Zoccali». «Nelle scorse festività, quasi scherzando - ha aggiunto Zuppi - io ho fatto un saluto a mezzanotte ai carabinieri che erano in servizio. E ho detto loro: guardate, qui hanno rubato la speranza, cercate di ritrovarla. C'è molto scetticismo. C'è molto fatalismo. Il fatalismo, poi, qualche volta diventa proprio un abito con cui ci si misura con la propria vita e col mondo intorno. E la speranza è un’altra cosa. È molto più dell’ottimismo; questo lo sappiamo. Però qualche volta ci viene di dire, va, andrà tutto bene. Ma in molti casi, non va tutto bene. Anzi ci guardiamo intorno e tanto non c'è speranza; tanto che non si comunica la vita». «La denatalità, per certi versi - ha detto ancora il cardinale - ha tante cause ma, certamente, una di queste è anche che abbiamo paura della vita». In merito alla prolusione di oggi monsignor Zuppi ha sottolineato «che la speranza ha un prezzo. Sì. La speranza non è un paese della cuccagna. Quello, appunto, è il fatalismo. Un prezzo che pagarlo, in realtà, è il miglior investimento per la propria vita, perché la doniamo a noi e agli altri».
"Per Zelensky 2025 è l'anno della pace, è ciò che speriamo"
«Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che questo sarà l’anno della pace e speriamo che le sue parole d’auspicio siano poi realizzate». Lo ha detto il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei a Reggio Calabria parlando con i giornalisti a margine di un’iniziativa nella Basilica Cattedrale della città. «Quest’anno - ha aggiunto monsignor Zuppi - un segno di pace, si deve trovare. Per chi è nella guerra e vive un assillo. Ce lo raccontavano i miei genitori, i nonni di tanti, i bisnonni di qualcuno. Quando finisce? Ci si domandava. Era un incubo. Quando si riaccende la luce?».
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