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onsignor Santo Marcianò, nato a Reggio Calabria il 10 aprile 1960, si è laureato in Economia e commercio all’Università di Messina nel 1982. L’anno seguente ha intrapreso il cammino vocazionale al Pontificio Seminario Romano Maggiore, nella Capitale, conseguendo nel 1987 il baccellierato in Teologia alla Pontificia Università Lateranense.
Ordinato diacono a Roma il 24 ottobre 1987 dal cardinale Ugo Poletti, e presbitero il 9 aprile 1988 nella cattedrale di Reggio Calabria dall’arcivescovo Aurelio Sorrentino, dal 1988 al 1991 è stato parroco a Santa Venere e vicario parrocchiale a Santa Maria del Divino Soccorso. Nel 1990 ha conseguito il dottorato in Sacra liturgia al Pontificio ateneo Sant'Anselmo. Dal 1991 al 1996 è stato padre spirituale e, dal 1996 al 2006, rettore del Seminario Maggiore Pio XI. Dal 2000 al 2006 è stato direttore del Centro diocesano vocazioni.
Giornalista pubblicista dal 5 settembre 1992, iscritto all’Ordine dei giornalisti della Calabria, è direttore responsabile della rivista Euntes Ergo e del mensile Con Gesù nella notte.
Il 6 maggio 2006 è stato nominato da papa Benedetto XVI arcivescovo di Rossano-Cariati. Il 21 giugno seguente ha ricevuto l’ordinazione episcopale, nella cattedrale di Reggio Calabria, dall’arcivescovo Vittorio Luigi Mondello. È segretario della Conferenza episcopale calabra e segretario della commissione per l'ecumenismo e il dialogo della CEI.
Il 10 ottobre 2013 papa Francesco lo ha nominato ordinario militare per l’Italia; cessato dall'incarico il 10 aprile 2025 al compimento del 65º anno di età, in conformità alla legge italiana, il 1º luglio 2025 papa Leone XIV lo ha nominato vescovo, con il titolo personale di arcivescovo, di Frosinone-Veroli-Ferentino e di Anagni-Alatri. Ha parlato con la Gazzetta del Sud delle sue radici calabresi e del suo rapporto con il Pontefice.
Il Suo legame con la Calabria: Reggio Le ha dato i natali, a Rossano Cariati è stato arcivescovo dal 2006 al 2013 prima della nomina a ordinario militare. Che ricordi ha? Da quanto tempo manca?
«Sono e rimango calabrese e, nonostante dai tempi del seminario abbia avuto tante esperienze fuori della regione per poi lasciarla nel 2013, sono felice di sentire vivo il senso di appartenenza, consapevole di come siano le radici a non lasciare chiusi ma a far crescere, consentendo all’albero di espandersi e dare i frutti che gli sono propri, a beneficio di tutti. Le radici sono identità; per me, queste radici e questa identità non appartengono solo alla terra di Calabria ma alla sua Chiesa: la Chiesa di Reggio che è Madre, mi ha generato alla fede e nella quale sono stato ordinato sacerdote; poi la Diocesi di Rossano-Cariati, Chiesa Sposa che mi ha reso vescovo e mi ha fatto maturare nel ministero e nell’amore. Dire Reggio, dire Calabria, per me è dire grazie!».
È stato successore di mons. Giovanni Marra, arcivescovo di Messina Lipari Santa Lucia del Mela: come Lei calabrese, come lei vigoroso. Sembrerebbe una caratteristica comune agli ordinari militari, è così?
«Con alcuni vescovi della nostra terra ho un particolare legame di affetto e stima: mons. Ferro, che aveva intuito la mia vocazione; mons. Sorrentino e mons. Mondello, dai quali sono stato ordinato rispettivamente sacerdote e vescovo; mons. Nunnari, con il quale ho fraternamente collaborato; mons. Cassone, del quale sono stato successore a Rossano. Da tutti ho ricevuto tanto! E mons. Marra, con la sua lungimiranza, la chiarezza del magistero e la dedizione del ministero tra le Forze armate, è stato esempio e guida specie nei primi tempi del mio cammino di ordinario militare. In quella Chiesa sono ancora vivi il suo ricordo e i frutti che ha lasciato, servendo con discrezione e prossimità, con la carità di cui quel contesto ha grande bisogno: è la forza che ho ammirato in lui e ho desiderato imparare».
A proposito di ordinariato militare: in questo drammatico momento storico, secondo Lei a cosa è chiamata la Chiesa? Cosa pensa degli stati che sostengono il riarmo?
«Vicende e decisioni politiche sono spesso difficili da valutare, tanto più in un settore delicato qual è la Difesa. L’esperienza vissuta tra i militari mi ha portato a condividere queste difficoltà, toccando altresì con mano quanto gli uomini e le donne delle Forze armate italiane si sforzino di essere ciò che il Concilio Vaticano II chiede loro: “servitori della sicurezza e della libertà dei popoli” che “concorrono veramente alla stabilità della pace”. Ci rendiamo conto di come non sia facile, specie in tempi di guerra come gli attuali; e proprio per questo la presenza della Chiesa è per loro prezioso e indispensabile strumento di evangelizzazione e sostegno, di educazione alla pace e di preghiera per la pace».
Qual è il legame di Papa Prevost con la Calabria? Si dice abbia conosciuto le agostiniane di Rossano. È stato in Calabria?
«Sì, padre Robert Francis Prevost venne due volte in Diocesi a Rossano da superiore generale degli Agostiniani e fu guida illuminante e sostegno concreto per dare inizio al monastero di vita contemplativa delle sorelle agostiniane che egli accompagnava e alla cui missione, da vescovo, io tenevo molto. Come la stessa storia eremitica della nostra terra insegna, infatti, la preghiera è l’anima di ogni apostolato e il respiro della vita del credente; ed è l’“oltre” da indicare al mondo, perché legga le vicende umane, anche le più complesse, alla luce dell’Amore di Dio, con lo sguardo della speranza. Credo che Leone XIV abbia testimoniato tutto ciò da “semplice” religioso e, ancor più, lo stia facendo da Pontefice».
Come è stato il Suo primo incontro con Papa Leone XIV? Risale ad allora? Di recente ha avuto modo di incontrarlo a motivo della sua nomina a vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e Anagni-Alatri?
«Come dicevo, il mio primo incontro con Papa Prevost è stato a Rossano, poi ho avuto modo di incontrarlo quando era prefetto del Dicastero per i vescovi e, recentemente, in occasione di un’udienza papale precedente alla mia nuova nomina. Nella lettera di risposta ho potuto però ringraziarlo di cuore per la fiducia con cui mi ha affidato la Chiesa che è nella terra della Ciociaria, ricca di bellezze naturali, culturali e artistiche, animata da tanti bravi sacerdoti e consacrati, nonché da un laicato maturo e attivo. Terra che, provvidenzialmente, è pure legata a lui: oltre ad avere, per varie ragioni, un rapporto speciale con i pontefici, ha dato i natali a Leone XIII del quale il Papa ha fatto proprio il nome e la missione di valorizzare lo stupendo patrimonio della Dottrina sociale della chiesa, fondamento di quella giustizia, pace e unità che trovano in Cristo la vera sorgente. Una missione dalla quale anch’io mi sento sollecitato, con la Chiesa e per la Chiesa di cui sono diventato pastore».

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