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La 'super' Reggina che piace a Toschi: "In pochi anni andrà in A"

Chi ha i capelli bianchi se lo ricorda molto bene. Lui è Giovannino Toschi, nato a Porcari in provincia di Lucca dove vive tuttora e dove lo si può incontrare ogni giorno al bar o in giro per negozi e supermercati. Rimase in riva allo Stretto per tre stagioni, dal 1967 al 1970, collezionando centosei presenze in maglia amaranto, impreziosite da venti gol e da una infinità di assist.

Attaccante rapido, fisico asciutto, viso affilato sotto una gran selva di capelli neri, cresciuto nelle giovanili della Lucchese, esploso in riva allo stretto, nel corso della carriera indossò anche le casacche di Mantova, Torino, Cesena, Foggia e Viareggio. Giocò nella squadra di Granillo, Dolfin, Maestrelli e Segato durante il primo ciclo d'oro della serie B e ha vissuto e respirato l'aria della Reggio “bella e gentile” di fine anni sessanta.

Basta uno squillo al cellulare per fargli aprire l'album dei ricordi e parlare poi del momento straordinario della capolista. Toschi non ha dimenticato la bella esperienza vissuta da queste parti dove ha ancora tanti amici appartenenti alla vecchia guardia: «Fa piacere che la formazione di Toscano sia in testa. Sta letteralmente dominando il campionato e mi auguro che riesca a tornare in cadetteria. Mi pare di capire che il presidente Gallo sia arrivato nel posto giusto e al momento giusto. È una società rifondata e ambiziosa. La piazza merita palcoscenici prestigiosi. Ho la convinzione che nel giro di qualche anno la Reggina potrà riaffacciarsi in A».

Quale calciatore la entusiasma maggiormente?

«Denis e Reginaldo i più rappresentativi. Non li scopro io, sono elementi di una certa esperienza che in C fanno la differenza. Bravi anche Sounas e Rivas che con la palla al piede diventano spesso immarcabili».

Il vecchio tandem era Toschi-Vallongo. Sente ancora quest'ultimo?

«Saltuariamente. Eravamo una coppia ben assortita. Lui longilineo e forte fisicamente, io più basso e rapido. Ho avuto compagni come Causio (e si vedeva che sarebbe diventato un campione), Sonetti, Pirola, Divina, Ferrari, Florio, Sbano, Clerici, tanto per citarne alcuni. Ricordo ancora il mitico massaggiatore Cecè Catalanto, un'istituzione nella società dell'epoca. Senza scordare il grande Oreste Granillo, per me fu come un padre, Franco Iacopino e gli indimenticabili Tommaso Maestrelli, Armando Segato e Ezio Galbiati che furono i miei allenatori».

Come si muoveva in città?

«Abitavamo con gli altri compagni in un fabbricato nei pressi del centro. Andavamo a piedi sul Corso Garibaldi. Faceva sempre caldo, c'era un clima ideale. Allora ero scapolo e il primo anno a Reggio non avevo ancora la macchina. Maestrelli mi accompagnava con la sua auto allo stadio per gli allenamenti. Era un altro calcio nel quale contavano i valori umani. Don Pepè, mitico cuoco, ci preparava i pasti. Uscivamo spesso con Sonetti».

È tornato più a Reggio?

«In due circostanze. Una volta giocammo al comunale una partita contro le vecchie glorie della Juventus. Fu una emozionante rimpatriata. Due anni fa, invece, tornai per ricevere il premio “Granillo”. Riconoscimento che ebbe anche Franco Causio».

Le statistiche dicono che ha realizzato una sola rete di testa.

«Sì, a Como. E, vista la mia statura, fu una bella impresa. Stavamo perdendo 1-0 e la Reggina riuscì a pareggiare grazie a quel mio gol».

Torniamo al campionato di oggi, quali avversarie dovrà temere la Reggina?

«Nessuna. Forse il Bari, ma gli amaranto sono più forti. I numeri parlano chiaro, non ammettono repliche. Bari e Ternana si rafforzeranno nel mercato di gennaio, anche se il vantaggio è cospicuo».

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