Dalla Capitale alla città della fata Morgana. D’improvviso, di getto, senza che nessuno lo avesse messo in conto. Un cuore diviso a metà tra il giallorosso e l’amaranto. La Serie B al primo colpo, e tanti sogni ancora nel cassetto. Un presidente per certi versi fuori dagli schemi, che di sicuro ha riacceso quel “fuoco amaranto” così come non succedeva da tanto tempo. A poco più di due anni dal suo arrivo a Reggio, Luca Gallo si racconta ai microfoni di Gazzetta del Sud.
Sin dalla sua prima conferenza stampa, lei ha stravolto i canoni di approccio ad una nuova realtà, dichiarando che Reggio doveva prendere la Lega Pro come un insulto e pensare al ritorno in A. In quelle parole, c’era anche la strategia di chi voleva rialzare il morale di un ambiente calcisticamente depresso?
«Assolutamente sì. Tutto nasce dal mio arrivo a Reggio, con l’avvocato Iiriti. Una città splendida, forse voi che ci vivete non vi rendete neanche conto dell’impatto emozionale che Reggio suscita in chi arriva da fuori. L’unica sensazione brutta, riguardava l’assenza della Reggina. Non ne parlava nessuno, se non con riferimenti alla gloriosa Reggina di Foti. Si viveva di passato, ma non c’era speranza. Volevo dare un segnale forte, per risvegliare una passione sopita, ma non finita».
Ha la possibilità di esaudire un desiderio, ma soltanto uno. Prima Champions League della Roma o prima Serie A della Reggina presieduta da Luca Gallo?
«Come ho detto qualche giorno fa, la Roma per me rappresenta una madre, e la Reggina una moglie. Ma se mi mette di fronte ad una scelta simile, le rispondo senza pensarci un attimo: la Serie A della Reggina. Mi dica dove devo firmare, che le metto cento firme (ride, ndc). Se porto la Reggina in Serie A ho raggiunto davvero il massimo, a quel punto potrei anche morire».
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