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Swamy Rotolo e la sua Calabria: «Il cinema è la mia... Gioia»

Come vincere un David di Donatello a soli 17 anni in una delle categorie più acclamate e restare la ragazza acqua e sapone e della porta accanto. Semplicità, acume, schiettezza, curiosità, pazienza, propensione all’ascolto, una sana voglia di emergere. L’approccio con gli altri è umile e garbato. Sono queste le qualità di Swamy Rotolo, enfant prodige del cinema italiano che ha appena battuto artiste bravissime e di lungo corso nei prestigiosi David di Donatello, gli Oscar italiani. L’Accademia l’ha premiata con la statuetta di miglior attrice protagonista – la più giovane in assoluto in 67 anni di storia della manifestazione – per il film “A Chiara” del regista Jonas Carpignano. Swamy, dopo il trionfo di Cinecittà, è rientrata a Gioia Tauro, dove abita, consapevole del clamoroso traguardo raggiunto, determinata sul percorso da seguire, ma senza mai salire sul piedistallo. Una stellina emergente alla ricerca di una nuova normalità dopo il turbinio di emozioni e trionfi che non accenna a fermarsi. L’abbiamo incontrata per parlare della sua favola.

Swamy, che significato ha per te e per la città di Gioia Tauro questo prestigioso riconoscimento?
«Per me ha un valore straordinario. Non mi sarei mai aspettata di vincere un premio del genere, soprattutto perché non ho studiato recitazione. È il mio primo film e quindi ha un peso che va al di là di ogni immaginazione. Per Gioia Tauro è sicuramente un grande traguardo. Stavolta, almeno, non si sono ascoltate le solite cose negative di un paese che, finalmente, è alla ribalta per fatti positivi e di cultura e non di cronaca».

Dicono che tu sia una predestinata. Il tuo sogno era quello di diventare un’attrice? E l’avventura nel cinema com’è nata?
«Io non ho mai pensato di entrare in questo mondo. Conosco Jonas da quando avevo 9 anni, con lui avevo recitato in una piccola scena in “A Ciambra” e poi ho fatto il casting per “A Chiara” mai pensando, però, che avrei avuto la parte della protagonista. Quando me lo ha proposto gli ho risposto subito di “no” perché, appunto, non mi andava. Era una responsabilità troppo grande da sostenere. Prima, infatti, non mi ero mai cimentata in qualcosa di così tanto importante. Poi, però, mi ha convinto insistendo che ne sarei stata capace. La scelta di Carpignano di volere sul set anche la mia famiglia mi ha dato sicurezza».

Nel film si parla di questioni, probabilmente, fuori dalle tue logiche di adolescente. Quali difficoltà hai avuto nel girare le scene?
«Io so qual è la situazione in Calabria, conosco persone che hanno vissuto una storia come quella del film, quindi sapevo già di cosa si trattava. Non sono d’accordo con la legge che allontana i figli dalle famiglie, trasferendoli in altre città. Se un ragazzo ha un genitore che sbaglia, non è detto che debba commettere errori anche lui. È vero, se un padre sbaglia il figlio ne risente. Ma Chiara, ad esempio, che voleva scoprire quale fosse l’attività del padre, poi ha preso la sua strada. Ritengo, quindi, che non ci sia la necessità di strappare i figli alle famiglie attraverso una legge. I ragazzi possono avere la forza di assumere decisioni autonome, soprattutto oggi che noi giovani siamo più consapevoli di quello che facciamo».

Chi è Chiara e chi è Swamy? Qual è la differenza fra te e il personaggio che interpreti?
«Caratterialmente, Chiara e Swamy sono in sostanza la stessa persona, entrambe molto determinate. Quando davanti a Chiara si presentano degli ostacoli, a lei non interessa e continua ad andare avanti per il suo percorso. Sono così anche io, testarda proprio come Chiara. Quindi ci somigliamo molto».

Adesso com’è il rapporto tra i gioiesi e la tua famiglia?
«È ancor più intenso. Prima i miei genitori erano conosciuti come lavoratori, ora lo sono maggiormente grazie al film. In paese vengono fermati e avere il supporto della comunità ci fa solo piacere».

Cosa pensi di Jonas Carpignano?
«È un fratello per me, così come ho sottolineato sul palco a Cinecittà, durante la premiazione. Gli voglio tanto bene e spero il meglio per lui. Ha creduto in me, non volevo fare l’attrice e lui mi ha lanciato, se non fosse stato per lui a quest’ora non sarei qui. Cannes e David sono stati un mix di enormi emozioni, qualcosa di speciale e unico. Spero di poter rivivere queste sensazioni».

Sei già rientrata a scuola, al “Severi”. Cambierà il rapporto con i tuoi compagni?
«Rimarrà sempre lo stesso. Loro mi vedono per quello che sono, né con qualcosa in più né con qualcosa in meno rispetto a prima. Io ce la metterò tutta per non sembrare una che si dà delle arie, perché voglio rimanere così come sono».

Quali obiettivi hai per il futuro? Come fare affinché questo sia un punto di partenza e non di arrivo?
«Innanzitutto spero di diplomarmi e di andare a studiare recitazione a Roma perché ho capito che è questa la strada giusta da intraprendere. Il segreto per far sì che il premio rappresenti un punto di partenza è non fermarsi mai. Per coronare i propri sogni è necessario lavorare e fare tutto quello che ti permette di stare bene».

Qual è il messaggio e il consiglio che vuoi dare ai tuoi coetanei?
«Inseguite i vostri sogni, perché vivere in una realtà difficile o piccola non impedisce di poter raggiungere traguardi di immenso valore. La mia esperienza insegna che i frutti si possono raccogliere ed è fondamentale non scoraggiarsi mai ma crederci sempre».

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