Ancora un incendio ed ancora una vittima nella baraccopoli di San Ferdinando ad infoltire un elenco troppo lungo con già tre morti in un solo anno. Una tragedia annunciata, visto i precedenti, che ancora una volta ha per teatro un luogo da girone infernale, fatiscente, tirato su con lamiere ma soprattutto con materiale altamente infiammabile: legno, plastica e cartone. Un luogo in cui si fa fatica a pronunciare la parola "dignità" viste le condizioni in cui si trovano le migliaia di migranti che ogni inverno vengono a viverci per poter lavorare nei campi della Piana di Gioia Tauro nella raccolta degli agrumi. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, dopo l'ennesima tragedia, è stato lapidario: "Sgombereremo la baraccopoli di San Ferdinando. L'avevamo promesso e lo faremo, illegalità e degrado provocano tragedie". Salvini, però, ha voluto anche sottolineare come per gli extracomunitari di San Ferdinando con protezione internazionale, "avevamo messo a disposizione 133 posti nei progetti Sprar. Hanno aderito solo in otto (otto!), tutti del Mali. E anche gli altri immigrati, che pure potevano accedere ai Cara o ai Cas, hanno preferito rimanere nella baraccopoli. Basta abusi e illegalità". Fatto sta che all'indomani del nuovo incendio, sono iniziati i trasferimenti. In 15 hanno accettato di essere collocati negli Sprar indicati dalla Prefettura e sono partiti in serata accompagnati dalla polizia sulla base di un piano approntato dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica convocato dal prefetto di Reggio Calabria Michele di Bari, nelle more dell'attuazione di forme di accoglienza diffusa per le quali la Regione ha manifestato disponibilità a contribuire con strumenti che incentivino le locazioni. A rimanere ucciso dalle fiamme, divampate poco prima della mezzanotte, un 29enne senegalese, Moussa Ba. Viveva in una piccola roulotte posta ai margini del campo. Nella notte un incendio, provocato, forse, da uno dei tanti fuochi accesi dai migranti per ripararsi dal gelo - su questo sta indagando la polizia - e divampato in una baracca ad una quindicina di metri, si è rapidamente propagato investendo la roulotte di Ba, senza lasciargli scampo. Gli altri migranti hanno cercato di prestare i primi aiuti raccogliendo con quello che avevano l'acqua dalle pozze, ma solo il rapido intervento dei vigili del fuoco - che per volere del prefetto hanno allestito una postazione fissa sul posto - ha consentito lo spegnimento del rogo. Solo dopo, i vigili hanno trovato il cadavere carbonizzato di Mousse. L'uomo era giunto in Italia nel 2015 e un anno fa gli era scaduto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, perché non ne aveva chiesto il rinnovo. Mousse, a Capodanno, era anche stato arrestato per un'inchiesta in materia di droga della Procura di Pisa e giusto un mese fa era stato scarcerato. Il suo nome, adesso, va ad aggiungersi a quelli di Becky Moses, 26enne nigeriana, morta il 27 gennaio 2018 in un incendio di origine dolosa appiccato per motivi di gelosia - una donna è stata poi arrestata - e a quello di Surawa Jaith, morto il 2 dicembre scorso, pochi giorni prima del suo 18mo compleanno. Il rogo, come avvenuto in passato, ha provocato una forte tensione tra i migranti, ma dopo una mattinata di discussioni, alla fine ha prevalso la linea della calma. Niente proteste, dunque, ma la partecipazione ad una marcia pacifica verso il Municipio di san Ferdinando organizzata nel pomeriggio dalla Cgil. Un'altra occasione, per i migranti, per ribadire davanti a giornalisti e telecamere l'appello per condizioni di vita più umane. Un grido rimasto sostanzialmente inascoltato fino ad adesso.