All'insegna della sobrietà (niente toga rossa e nessun addobbo floreale) la cerimonia di inaugurazione del nuovo anno giudiziario che si è appena aperta a Reggio Calabria nello storico Palazzo di Giustizia a piazza Castello, la sede della Corte d'Appello. Le restrizioni imposte per l'emergenza sanitaria hanno costretto un cerimoniale ridotto. Appena 40 gli invitati, magistrati compresi. Spazio ai social, con diretta Facebook, per collegarsi e seguire la cerimonia. L'intervento del presidente della Corte d'Appello, Luciano Gerardis, ha dato il via all'evento. Sottolineando la drammatica situazione collegata alla pandemia, ma non solo: «Il 2020 è stato segnato anche da fatti altrettanto devastanti che hanno riguardato il mondo giudiziario. La questione morale si è sposata al concreto pericolo di una crisi istituzionale senza precedenti che ha confermato la necessità di rigorosi paletti etici nell'esercizio delle funzioni pubbliche. Di più. Si sono messe in mostra crepe pericolose per la stessa struttura democratica fondata sulla tripartizione e l’autonomia dei poteri dello Stato. Solo il tempo - ha proseguito - potrà dire se sia stato colto il messaggio che il coinvolgimento dell’intero corpo magistratuale è essenziale per emendarsi da metodi purtroppo da gran tempo assai diffusi per un’innegabile degenerazione progressiva del sistema. Andrà fatta anche una piena autocritica da parte di tutti senza pensare di poter scaricare le coscienze su condotte dei singoli i quali, pur se responsabili, hanno potuto continuare ad operare imperterriti grazie alla consapevolezza se non alla complicità ed al tornaconto di molti. Riprendiamo tutti, allora - ha esortato Gerardis - a fare fino in fondo la nostra parte, piccola o grande che sia. E cerchiamo con umiltà di dare sempre del nostro meglio sia nell’attività giurisdizionale che in eventuali incarichi collaterali». Le due sezioni dibattimentali della Corte di Appello di Reggio Calabria, dove da tempo mancano 4 magistrati, registrano un incremento delle pendenze: la prima passa da 2948 al 1.7.2019 a 2980 al 30.6.2020, avendo definito 687 processi rispetto ai 719 sopravvenuti; la seconda sezione aumenta il carico da 3610 a 3774 procedimenti, avendone definiti 556 rispetto ai 720 di nuova iscrizione. I dati emergono proprio dalla relazione del presidente della Corte d’appello, Luciano Gerardis. La Corte di assise di appello, avendo definito 21 giudizi a fronte di 12 sopravvenienze, porta l’attuale pendenza da 25 a 16 procedimenti. Infine la sezione di prevenzione presenta una pendenza di 163 procedure si cui 89 personali e 74 misure patrimoniali. In materia di ingiusta detenzione, malgrado un numero di richieste in costante crescita, le 113 definizioni superano nettamente le 104 sopravvenienze, con una conseguente diminuzione secca delle pendenze (328). Risultati positivi anche in ambito civile: la sezione civile da 5047 giudizi contenziosi arriva a 4730, avendo definito 1151 giudizi a fronte di 834 sopravvenienze; pressoché stabili appaiono i procedimenti non contenziosi, passati da 75 a 82. Il settore penale del Tribunale di Reggio Calabria presenta le stesse problematiche del secondo grado. Aumentano i carichi sia dei procedimenti da trattare con rito collegiale (378 in luogo dei precedenti 330), sia quelli con rito monocratico (8999 invece di 7992), malgrado il gran numero di udienze tenute (rispettivamente 214 e 639) anche nel periodo emergenziale (52 e 95). A queste si aggiungono altre 53 udienze celebrate dai Got nel solo periodo dall’11 maggio al 30 giugno. Sono pendenti 134 procedimenti con imputati sottoposti a misura cautelare per complessivi 195 imputati; e 454 giudizi di «codice rosso» per reati nei confronti di donne e di altri soggetti deboli che subiscono violenze, maltrattamenti e atti persecutori. La sezione gip-gup ha prodotto 9756 provvedimenti, tra convalide, proroghe e autorizzazioni, in ordine alle intercettazioni; 7497 decreti di archiviazione, 1329 decreti che dispongono il giudizio; 731 udienze tenute e 141 incidenti di esecuzione, infine 54 mandati di arresto europei. Il ricordo di Scopelliti «Giusto 30 anni fa la Calabria è stata macchiata dal sangue del collega Antonino Scopelliti e vorrei dedicare a lui l’inaugurazione dell’anno giudiziario». Lo ha dichiarato, durante la cerimonia di Reggio Calabria, il rappresentante del Consiglio Superiore della Magistratura Antonio D’Amato il quale ha ricordato che il magistrato reggino «fu assassinato, a soli 56 anni, da due sicari della 'ndrangheta e di Cosa Nostra per avere rifiutato diversi tentativi di corruzione. L’impegno civile e politico di Scopelliti restano un esempio vivo ai giorni nostri». D’Amato ha ricordato che le attuali indagini della Procura di Reggio Calabria sull'omicidio del giudice Scopelliti "s'inquadrano nel cono d’ombra di quanto accertato dalla sentenza "Ndrangheta stragista" della scorsa estate, con la condanna all’ergastolo del boss di cosa nostra Giuseppe Graviano e del 'ndranghetista Rocco Santo Filippone quali mandanti degli attentati ai Carabinieri di Reggio Calabria alla fine del '93 e inizio '94 nell’ambito della strategia stragista di quegli anni. La sentenza ha confermato gli stretti rapporti tra Cosa nostra e la 'ndrangheta anche nelle più gravi ed efferate vicende criminose, che sono alla base della ricostruzione della Dda di Reggio Calabria dell’omicidio del giudice Scopelliti che é in corso di accertamento».