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'Ndrangheta, il monopolio delle "mazzette" per le cosche di Gioia Tauro: sequestro da 13 milioni

Il meccanismo della sovrafatturazione delle prestazioni al fine di creare il “nero” per il versamento del pizzo da parte delle imprese, ottenendo in cambio il riconoscimento di una posizione di monopolio del comparto del trasporto dei rifiuti dagli stabilimenti industriali esistenti in Calabria

Un sequestro di beni nei confronti dell'ex sindaco di Villa, Rocco La Valle e di Francesco Barreca quello eseguito ieri, a Villa San Giovanni (RC), dalla Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Reggio Calabria, ad esito di una complessa attività investigativa di natura patrimoniale coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia - diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri.

Il provvedimento

Emesso dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione presieduto da Ornella Pastore su richiesta del procuratore della Repubblica Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del sostituto Giulia Pantano, trae origine dal procedimento (nel cui contesto in data 6 ottobre 2017 è stata eseguita dalla Squadra Mobile una ordinanza di custodia cautelare convenzionalmente nota come Operazione “Metauros” ) e dagli ulteriori sviluppi investigativi che hanno permesso al Tribunale di riconoscere la pericolosità sociale dei due proposti e di applicare la misura del sequestro.

Gli accertamenti originari avevano disvelato il forte interesse della ‘ndrangheta, nel business legato al “ciclo dei rifiuti, svelando come la costruzione e la gestione dell’unico termovalorizzatore presente in Calabria, localizzato in Gioia Tauro, fosse sottoposto al continuo condizionamento delle organizzazioni criminali mafiose attive sul territorio di ubicazione.

I precedenti

Rocco La Valle, titolare di una società e di altra riconducibile al ciclo dei rifiuti, è stato tratto in arresto per i delitti di concorso esterno in associazione mafiosa e plurime condotte estorsive, attualmente sottoposto al giudizio del Tribunale di Palmi, è stato riconosciuto - secondo il giudizio della Corte di Cassazione - come “il collettore delle mazzette da destinare alle cosche ‘ndranghetiste egemoni sul territorio di Gioia Tauro e Siderno (rispettivamente Piromalli e Commisso) attraverso il meccanismo della sovrafatturazione delle prestazioni al fine di creare il “nero” per il versamento del pizzo da parte delle imprese, ottenendo in cambio il riconoscimento di una posizione di monopolio del comparto del trasporto dei rifiuti dagli stabilimenti industriali esistenti in Calabria”.

Francesco Barreca è stato tratto a giudizio per il delitto di concorso in estorsione ma poi assolto con formula “perché il fatto non sussiste”, anche se il G.U.P. ha considerato acclarato e dimostrato il suo inserimento nel meccanismo estorsivo ideato e gestito dal La Valle quanto meno fino all’anno 2012. Il Tribunale Sezione Misure di Prevenzione, in forza dell’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, ha rivalutato il quadro indiziario enucleato nei suoi confronti, anche alla luce di ulteriori ed attuali elementi dimostrativi del suo coinvolgimento, mediante due società a lui riconducibili, in un rodato sistema di triangolazione di rapporti con il gruppo La Valle volto al riciclaggio di proventi illeciti, acquisiti attraverso la emissione di fatture per operazioni inesistenti nell’ambito della sottrazione e della vendita abusiva di carburanti.

Le indagini

Gli approfondimenti patrimoniali hanno dimostrato che entrambi i proposti erano riusciti, con il profitto derivante dalla gestione delle citate attività illecite, ad accumulare ingenti risorse finanziarie, sproporzionate rispetto ai redditi dichiarati, che reinvestivano nell’acquisto di terreni, società e beni immobili, intestati - al fine di eludere la normativa antimafia - ai propri familiari o a soggetti terzi.

Il sequestro

Con l’odierno provvedimento di prevenzione, si è disposto il sequestro di 9 unità immobiliari, 4 appezzamenti di terreno, 2 veicoli, dei relativi conti correnti e rapporti finanziari, nonché delle predette società ai medesimi riconducibili. Il valore del patrimonio sequestrato ammonta a circa 13 milioni di euro.

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